L’esordio di Phillip Lewis: c’è sempre un ritorno alle proprie radici

Luigi Oliveto

22/02/2018

In America, e non solo, si sta apprezzando l’esordio letterario di Phillip Lewis, avvocato-scrittore che con “La montagna del padre” (un romanzone vecchia maniera, di quasi quattrocento pagine) invita a riflettere sull’ossessione della scrittura, sui conflitti intimi delle persone, sul tempo e sulle età.
A raccontare questa storia è Henry Aster, il cui padre – uomo di grandi ambizioni letterarie, ma dall’improbabile esito – decide un giorno di tornare con la famiglia al suo villaggio d’origine e di acquistare una enorme casa di acciaio e vetro, bislacca architettura ancorata al fianco della montagna, cupa e inquietante. Una casa-nido che, col passare del tempo, risulterà per il figlio Henry una prigione da cui fuggire, soprattutto quando la famiglia, lassù annidata, verrà travolta dalla tragedia. Ma anche per lui, allo stesso modo del padre, ci sarà un ritorno a quel luogo e alle proprie radici. Così che le storie di padre e figlio andranno a intrecciarsi, sovrapporsi, confrontarsi. Del resto arriva sempre un momento in cui ciascuno deve fare i conti con il passato, con le domande irrisolte, le sofferenze rimosse, con quanto la vita (il destino?) sceglie per noi, perché noi ne siamo i semplici notai.
 
 
Durante l’infanzia di mio padre, all’inizio della primavera, quando i cornioli erano pieni di fiori bianchi e oro sulle lunghe montagne blu, suo padre portava in macchina la famiglia per una stretta strada sterrata che superava e aggirava le colline boscose fino al mercato e ritorno. In cima a una di quelle colline, gli alberi si diradavano verso est e il crinale scendeva in una grande valle e risaliva ripido a rivelare la facciata di una roccia grigia del Ben Hennom, un’antica montagna levigata e scurita dalle intemperie e dal tempo. Su un picco in cima alla montagna, mezzo nascosta da un filare di alberi spettrali vecchi quanto il tempo, c’era un’enorme casa di ferro nero e vetro. Durante il giorno, era una strana bizzarria architettonica. Per via del gioco dei crinali del monte sembrava sempre in ombra, anche quando il sole le scintillava sopra, nel cielo limpido. Da mattina a sera, avvolta in una nebbia che si muoveva lenta, densa come il fumo di un falò. Di notte, incombeva nel buio sull’orlo della montagna, come un rapace con gli occhi di brace. Una casa così non era mai stata costruita prima, e mai più ne sarebbe stata costruita un’altra. I bambini si schiacciavano sui finestrini della machina guardando silenziosi e stupiti la grande, misteriosa struttura.
[…]
Arrivati in Carolina del Nord, non avendo trovato un posto di insegnante che gli interessasse nel raggio di cento miglia, mio padre iniziò una breve carriera in uno dei due uffici legali della città. Lo stipendio di un avvocato di rado è esorbitante come pensano i più, e questo è vero in particolare per quelli che si occupano di concessioni edilizie, soprattutto nelle zone rurali del paese. C’erano mesi in cui sembrava che riuscisse a malapena a rientrare delle spese. La maggior parte del lavoro lo faceva per gente che non poteva pagare. Per aumentare quello che guadagnava dalle banali compravendite di immobili e da qualche semplice caso penale, sfruttò il suo eccezionale intelletto e si assunse qualche complesso caso di illecito facendosi pagare a percentuale, l’accordo era che avrebbe ricevuto un terzo degli eventuali rimborsi. I primi tre casi gli costarono dei soldi e gli fecero quasi perdere il posto. Il quarto fu risolto con un accordo extragiudiziale per poco più di tre milioni di dollari. Il suo primo pensiero fu: Adesso possiamo prendere un cavallo per Eleonore.
Poco dopo aver ricevuto il compenso duramente guadagnato, accettò controvoglia una posizione nel consiglio di amministrazione della Old Buckram Bank, col ruolo di consigliere. Fu allora che seppe che la grande casa sulla collina era in vendita e poteva essere acquistata a un prezzo molto inferiore al suo valore di mercato. Salì il ripido vialetto di ghiaia per la prima volta esattamente quattro ore e mezzo dopo questa promettente scoperta e contemplò da vicino ciò che finora aveva visto solo da lontano. Rimase stupefatto. La casa torreggiava nera e malefica nel grigio del cielo cinerino, spaventandolo. Era un mostruoso scheletro gotico. Dal cortile rivolto a est poteva vedere le poche luci di Old Buckram, e a sudovest si scorgevano le vecchie Blue Ridge Mountains, blu e distanti. Spinse il portone plumbeo e si aggirò con gli occhi spalancati nel mausoleo dell’atrio che lo accolse tra tende di ragnatele e uno squadrone di topi in fuga. Fu attratto piano dal centro della casa, dove scoprì una grande biblioteca rivestita di legno al primo piano, con alte finestre e infiniti scaffali su fino al soffitto a volta. I libri riempivano le pareti, ammucchiati in ogni angolo. Decise all’istante di far sua la casa, costasse quel che costasse. Qui sì che posso scrivere, pensò.
Ben al di sotto delle balze e di una vertiginosa discesa, il terreno della proprietà si appianava vicino alla strada e una scuderia nera, vecchia come le montagne, si nascondeva in un bosco di betulle e querce. Almeno trenta acri di terreno erano stati ripuliti e recintati, benché la recinzione abbattuta fosse più di quella in piedi. Quella sera Henry tornò a casa da Helton e Maddy e disse a Eleonore: “Ci trasferiamo e prendiamo un cavallo. Voglio chiamarlo Annabel Lee.” Ci misero meno di un giorno per traslocare e tutto il resto della vita per andarsene.
 
 [da La montagna del padre di Phillip Lewis, traduzione di Tommaso Bernardi, Bompiani, 2018]
 
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Luigi Oliveto

Luigi Oliveto

Giornalista e scrittore. Luigi Oliveto ha pubblicato i saggi: La grazia del dubbio (1990), La festa difficile (2001), Il paesaggio senese nelle pagine della letteratura (2002), Siena d'Autore. Guida letteraria della città e delle sue terre (2004). Suoi scritti sono compresi nei volumi collettanei: Musica senza schemi per una società nuova (1977), La poesia italiana negli anni Settanta (1980), Discorsi per il Tricolore (1999). Arricchiti con propri contributi critici, ha curato i libri: InCanti di Siena (1988), Di Siena, del Palio e d’altre storie. Biografia e bibliografia degli scritti di Arrigo Pecchioli (1988), Dina Ferri. Quaderno del nulla (1999), la silloge poetica di Arrigo Pecchioli L’amata mia di pietra (2002), Di Siena la canzone. Canti della tradizione popolare senese (2004). Insieme a Carlo Fini, è curatore del libro di Arrigo...

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