Myers, quando i casi della vita spalancano orizzonti

Luigi Oliveto

01/07/2021

Il romanzo All’orizzonte di Benjamin Myers, pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri per la traduzione di Simona Garavelli, è una storia esemplare; può prescindere dal contesto storico in cui si svolge, per come suggerisca temi che vanno a riproporsi ad ogni cambio d’epoca, passaggio generazionale o, nell’esistenza dei singoli, ad ogni svolta. Siamo nel 1946, in Inghilterra, a Durham, luogo di nascita dello scrittore. La Seconda guerra mondiale è finita da poco, anche se – come avverte l’autore – “le guerre continuano a lungo anche dopo la fine degli scontri, e all’epoca il mondo pareva costellato di buche.” Robert, un ragazzo sedicenne, che difficilmente può immaginare un domani diverso da quello di andare a lavorare in miniera (così è stato per tutti i maschi di famiglia) decide di trascorrere un’estate in libertà girando per la campagna inglese, a contatto con la natura e svolgendo lavoretti che sembrano sempre meglio del finire in miniera. Durante il suo girovagare, mentre procede in direzione del mare, si imbatte nel cottage di Dulcie, donna già in là con gli anni, un tipo originale, colto, che alterna scontrosità ad accoglienza. Offre a Robert ospitalità in cambio di manodopera per risistemare il capanno del giardino un tempo utilizzato da una misteriosa artista. Tra i due nasce una forte amicizia che andrà a segnare le vite di entrambi; e quanto mai il futuro del ragazzo che da quell’incontro maturerà la sua vocazione di scrittore. Eh sì, strana cosa la vita nelle sue geografie di sentieri, bivi, percorsi: “Guidato solo dalla forza di gravità della strada in discesa, presto incrociai un altro sentiero: optai per la sinistra e lo imboccai. Nonostante sembrasse condurre a un vicolo cieco, qualcosa mi aveva attirato da quella parte. Sarebbe diventato uno di quei momenti in cui la vita ti offre un nuovo percorso la cui importanza si potrà comprendere pienamente solo negli anni a venire.” Robert, grazie a Dulcie, assumerà infatti una consapevolezza diversa dell’esistenza, della natura, delle cose. Comprenderà quali universi spalanchino le parole, la poesia, la letteratura; quali spazi esistano oltre gli angusti confini di un destino da minatore. E’ dunque una storia esemplare e per tutte le stagioni, poiché mostra la ricchezza di un dialogo intergenerazionale, della benefica contaminazione tra maturità e giovanili azzardi. Indica inoltre come, rapportandosi con la natura, si apprenda una grammatica della bellezza, una percezione diversa dell’essere al mondo. Ed è una storia che ricorda, ancora una volta, quale forza salvifica contengano le parole che sanno rendere dicibile l’esperienza della vita.
 
***

Dov’è andata a finire la vita?
Ogni giorno mi ritrovo a fare la stessa identica domanda allo specchio, e puntualmente la risposta mi sfugge. Vedo soltanto un estraneo che mi restituisce lo sguardo.
Allora mi trascino in cucina, dove mescolo il tè, faccio colazione con cucchiaiate di porridge d’avena e mormoro il mantra – non sarai mai più giovane come adesso – che però sento uscire forzato dalle labbra. Non posso ingannare il tempo, tanto meno me stesso. Sarò sempre vecchio come adesso, poi ancora più vecchio.
La vernice delle assi del pavimento si è consumata per lo strascichio dei miei piedi, doloranti per avere percorso milioni di chilometri; le tavole di legno sono curve come lo scafo di un galeone arenato, e anche il prato è sempre più incolto a mano a mano che i giorni scivolano via e le stagioni si accorciano. Qualche estate qui, qualche lungo buio inverno là; buona sorte, infamia, malattia, un po’ d’amore, un altro po’ di buona sorte, e all’improvviso ti ritrovi a guardare dalla parte sbagliata del cannocchiale.
In questi giorni mi fa male tutto, non solo i piedi. Le gambe, le mani, gli occhi. Sento polsi e dita pulsare dopo una vita passata a pestare sulla tastiera. Un dolore costante mi tormenta il collo, e mi meraviglio di fronte al piccolo miracolo che il mio corpo abbia retto fino a oggi. A volte mi sembra che sia tenuto insieme giusto da qualche fibra di memoria e qualche tendine di speranza. La mente è un museo ricoperto di polvere.
Eppure un tempo sono stato un ragazzo, parecchio giovane e ingenuo, e questo non potrà mai cambiare. I ricordi mi permettono di tornare a esserlo.
Ai tempi non sapevo quale linguaggio ci volesse. Non avevo ancora compreso il potere e la forza delle parole. La complessa magia della lingua mi era estranea, proprio come la campagna alterata che vedevo tutt’intorno a me quell’estate. Ora sento un che di insidioso crescermi dentro, con radici ancorate in profondità. I viticci si abbarbicano agli angoli per aggrapparsi e sostenersi. Sono un ospite passivo. Troppo stanco per combattere, lo accetto, appoggio la schiena alla sedia e mi chiedo dov’è andata a finire la vita. E aspetto.
La scrivania è vecchia, la sedia scricchiola. Già due volte ho fatto sistemare i giunti e sostituire la tappezzeria. Di tanto in tanto la vecchia stufa a legna tossisce fumo nella stanza. Le grondaie sono intasate di muschio. Il vetro di una finestra è incrinato, e presto dovrò cercare qualcuno che venga a riparare il tetto. Tutta la casa ha bisogno di un’infinità di lavori, e io sono troppo vecchio; l’edificio, e ciò che contiene, mi sopravvivranno. Ma il vecchio computer si accende ancora. Funzioniamo entrambi, resta dell’energia in noi, e finché sarà così ci sono cose che voglio raccontare.
Seduto qui, vicino alla finestra aperta, con un glissando di uccelli canori sulla lievissima brezza che porta con sé il profumo di un’ultima estate alle porte, mi aggrappo alla poesia proprio come mi aggrappo alla vita.
 
[da All’orizzonte di Benjamin Myers, trad. di Simona Garavelli, Bollati Boringhieri, 2021]
 
Torna Indietro
Lascia un Commento

Scrivi un commento

Scrivi le tue impressioni e i commenti,
verranno pubblicati il prima possibile!

Ho letto l'informativa sulla privacy e acconsento al trattamento dei dati personali ai sensi dell'art. 13 D. lgs. 30 giugno 2003, n.196

Luigi Oliveto

Luigi Oliveto

Giornalista e scrittore. Luigi Oliveto ha pubblicato i saggi: La grazia del dubbio (1990), La festa difficile (2001), Il paesaggio senese nelle pagine della letteratura (2002), Siena d'Autore. Guida letteraria della città e delle sue terre (2004). Suoi scritti sono compresi nei volumi collettanei: Musica senza schemi per una società nuova (1977), La poesia italiana negli anni Settanta (1980), Discorsi per il Tricolore (1999). Arricchiti con propri contributi critici, ha curato i libri: InCanti di Siena (1988), Di Siena, del Palio e d’altre storie. Biografia e bibliografia degli scritti di Arrigo Pecchioli (1988), Dina Ferri. Quaderno del nulla (1999), la silloge poetica di Arrigo Pecchioli L’amata mia di pietra (2002), Di Siena la canzone. Canti della tradizione popolare senese (2004). Insieme a Carlo Fini, è curatore del libro di Arrigo...

Vai all' Autore

Libri in Catalogo

NEWS

x

Continuando la navigazione o chiudendo questa finestra, accetti l'utilizzo dei cookies.

Questo sito o gli strumenti terzi qui utilizzati utilizzano cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione, acconsenti all’uso dei cookie.

Accetto Cookie Policy
X
x