Nel colibrì di Veronesi la forza della vita

Luigi Oliveto

07/11/2019

Risulta sempre esercizio deludente mettersi a dire la trama di un romanzo. Un romanzo (la sua architettura, la lingua, il pre-testo) va ben oltre a ciò che racconta, soprattutto quando gli esiti narrativi sono pressoché perfetti. Così è per l’ultimo libro di Sandro Veronesi, “Il colibrì” (La nave di Teseo). Storia di un uomo che, come il piccolo volatile che dà il titolo al romanzo, riesce a stare sospeso per non precipitare. Questo fa il protagonista, Marco Carrera, per fronteggiare le ineluttabilità della vita, gli sconquassi dell’anima, gli amori tanto totalizzanti quanto incompiuti, le sofferenze impietose (“Mi chiedo: ma il male – hai presente? Ha circuiti preferenziali, il male, o si accanisce a caso?”). Marco Carrera ha la consapevolezza che sopravvivere non significa vivere di meno. Da ciò la sua resilienza, il non volersi piegare alla “dittatura del dolore”. Perché il dolore non può essere aggirato, va percorso fino in fondo; fa parte della vita, e dunque è pienezza di vita. Senza gesti eroici, il personaggio di Veronesi è di fatto un eroe. E’ giustappunto un colibrì, che sbatte fitto fitto le ali stando fermo in aria, per non cadere. Sa volare persino all’indietro, ripercorrere spazio e tempo. E questo fa Marco per ritrovare infanzia, gioventù, genitori, fratelli, delusioni come quella del proprio matrimonio. In quel suo stare sospeso, egli ferma il tempo, lo riragiona fino a dargli un senso, lo riscrive nel presente, lo proietta in un futuro confidando nella generosità (magari anche nell’ingenuità) delle nuove generazioni. D’altra parte – dice l’autore citando Giovanni della Croce“Per andare dove non sai /devi passare per dove non sai”. Forse il suo contributo a un mondo nuovo l’ha dato pure Marco, in ragione del fatto che “anche tutto l’amore che è stato sparso per il mondo, tutto il tempo che è stato sperperato e tutto il dolore che è stato provato: era forza, tutto, era potenza, era destino, e puntava lì. – I lupi non uccidono i cervi sfortunati […] uccidono quelli deboli”.
La vicenda si colloca nei primi anni Settanta per giungere alle incertezze del nostro futuro prossimo; incertezze che, in forza della resilienza di qualcuno, possono diventare speranze. Per il protagonista avranno il nome di una bambina, Miraijin. Non è un libro di compassione verso la condizione umana, ma di sofferta consapevolezza. Senza ombra di millantato credito, la quarta di copertina dice il vero: è un romanzo potentissimo, che incanta e commuove, sulla forza struggente della vita.
 
***
 
– Buongiorno. Mi chiamo Daniele Carradori.
– Marco Carrera, buongiorno.
– Le dice nulla il mio nome?
– Dovrebbe?
– Sì, dovrebbe.
– Me lo ripete, per favore?
– Daniele Carradori.
– È il nome dello psicoanalista di mia moglie?
– Esatto.
– Oh. Mi scusi ma non pensavo che l’avrei mai incontrata. Si accomodi. Cosa posso fare per lei?
– Ascoltarmi, dottor Carrera. E, dopo che le avrò detto quel che ho da dirle, evitare se possibile di denunciarmi all’Ordine dei Medici o peggio alla Società Psicoanalitica Italiana, cosa che, in quanto collega, potrebbe fare con una certa facilità.
– Denunciarla? E perché?
– Perché quel che sto per fare è vietato, e nella mia professione viene sanzionato con grande severità. Non mi sono mai lontanamente sognato di farlo in vita mia, né immaginavo di arrivare anche solo a concepirlo, ma ho ragione di ritenere che lei si trovi in grave pericolo, e io sono l’unica persona al mondo a saperlo. Perciò ho deciso di informarla, anche se così facendo infrango una delle regole fondamentali della mia professione.
– Accidenti. Mi dica.
– Prima dovrei chiederle una cortesia, però.
– Le dà noia la musica?
– Quale musica?
– No, niente. Cosa mi deve chiedere?
– Vorrei farle alcune domande, giusto per trovare conferma alle cose che mi sono state dette di lei e della sua famiglia, ed escludere che mi sia stato fornito un quadro fuorviante. La cosa secondo me è alquanto improbabile, ma non può essere esclusa del tutto. Capisce?
– Sì.
– Mi sono portato questi appunti. Mi risponda solo sì o no, per favore.
– D’accordo.
– Comincio?
– Cominci pure.
– Lei è il dottor Marco Carrera, quarant’anni, cresciuto a Firenze, laureato in medicina e chirurgia all’università La Sapienza di Roma e specializzato in oculistica?
– Sì.
– Figlio di Letizia Delvecchio e Probo Carrera, entrambi architetti, entrambi in pensione, residenti a Firenze?
– Sì. Mio padre però è ingegnere.
– Oh, d’accordo. Fratello di Giacomo, poco più giovane di lei, residente in America, e, mi perdoni, di Irene, morta per annegamento nei primi anni ottanta?
– Sì.
– Sposato con Marina Molitor, di nazionalità slovena, hostess di terra della Lufthansa?
– Sì.
– Padre di Adele, dieci anni, che frequenta la quinta elementare in una scuola pubblica vicino al Colosseo?
– La Vittorino da Feltre, sì.
– E che tra i tre e i sei anni di età era convinta di avere un filo attaccato alla schiena, cosa che ha spinto voi genitori a rivolgervi a uno specialista di psicologia infantile?
– Il Mago Manfrotto...
– Come dice?
– No, era come si faceva chiamare dai bambini. Ma il problema del filo non l’ha risolto lui, anche se Marina continua a pensare di sì.
– Capisco. Dunque è vero che vi siete rivolti a uno specialista di psicologia infantile.
– Sì, ma non vedo cosa c’entri con—
– Lei capisce perché le faccio queste domande, vero? Io non ho che una fonte, e sto verificando che sia veritiera. È uno scrupolo che non posso trascurare, visto quel che sono venuto a dirle.
– D’accordo. Ma cosa è venuto a dirmi?
– Ancora qualche domanda, se non le dispiace. Saranno domande un po’ più intime, alle quali la pregherei di rispondere con la massima sincerità. Se la sente?
[…]
– È vero che lei è sempre rimasto innamorato di, e che intrattiene da molti anni una relazione con una donna di nome Luisa Lattes, attualmente residen—
– Cosa? Chi lo dice, questo?
– Indovini.
– Macché! Non è possibile, Marina non può averle detto che—
– Risponda solo sì o no, per favore. E cerchi di essere sincero, affinché io possa valutare la credibilità della mia fonte. È ancora innamorato o può aver dato a sua moglie l’impressione di essere ancora innamorato di questa Luisa Lattes sì o no?
– Ma no!
– Dunque non la frequenta di nascosto, durante i convegni cui le capita di partecipare in Francia, o in Belgio, o in Olanda, o in luoghi comunque non troppo distanti da Parigi, dove la Lattes risiede? Né d’estate, a Bolgheri, dove vi ritrovate a passare il mese d’agosto in due case di famiglia confinanti?
– Ma è ridicolo! Ci vediamo ogni estate in spiaggia con i nostri figli, e magari ci mettiamo a parlare, ma non ci siamo mai sognati di “intrattenere una relazione”, come ha detto lei, né tantomeno di vederci di nascosto quando vado a un convegno.
– Guardi che io non sono qui per giudicarla. Sto solo cercando di capire se quello che mi è stato detto di lei è vero o falso. Dunque è falso che lei e questa donna vi vedete di nascosto?
– È falso, sì.
– E lei esclude che sua moglie possa essere convinta di questo anche se non è vero?
– Ma certo che lo escludo! Sono anche diventate amiche. Vanno a cavallo insieme, cioè proprio loro due da sole: mollano i figli a noi mariti e se ne vanno tutta la mattina in giro per la campagna.
– Questo non dimostra niente. Si può diventare amici di una persona e frequentarla ogni giorno proprio perché se ne è morbosamente gelosi.
– Sì ma non è questo il caso, mi creda. Marina non è morbosamente gelosa di nessuno, io le sono fedele e lei lo sa benissimo. E ora vuol dirmi per favore perché sarei in pericolo?
– Dunque non vi scrivete lettere da anni, lei e questa Luisa Lattes?
– No!
– Lettere d’amore?
– Ma no!
– È sincero, dottor Carrera?
– Ma sì!
– Glielo chiedo un’altra volta: è sincero?
– Certo che sono sincero! Ma vuol dirmi—
– Allora io mi devo scusare, ma contrariamente alle mie convinzioni, che erano solide, le assicuro, altrimenti non sarei venuto qui, sua moglie non è stata sincera con me, e allora lei non è più in pericolo come credevo, ragion per cui non la disturberò oltre. La prego di non tener conto di questa mia visita e mi raccomando di non parlarne con nessuno.
– Cosa? Perché si alza? Dove va?
– Le chiedo nuovamente scusa, ma ho fatto un grave errore di valutazione. Arrivederci. Conosco la stra—
– Eh no. Lei non può venire qui, dirmi che sono in grave pericolo per via di qualcosa che le ha detto mia moglie, farmi il terzo grado e poi andarsene senza dirmi nulla! Lei ora me lo dice, sennò la denuncio eccome all’Ordine!
– Si calmi, la prego. La verità è che io non dovevo venire qui e basta. Ho sempre ritenuto di poter credere a quello che sua moglie mi raccontava di sé e di lei, e mi sono fatto un’idea precisa del disturbo che la affligge proprio perché le ho sempre creduto. In base a questa idea, dinanzi a una situazione che mi è sembrata molto grave, ho ritenuto di dover agire al di fuori dei limiti che mi sono imposti dalla deontologia professionale, ma ora lei mi dice che sua moglie non è stata sincera con me su una cosa così basilare, e se non lo è stata su questa è probabile che non lo sia stata su tante altre, incluse quelle che mi hanno fatto ritenere che lei si trovi in pericolo. Come le ripeto, si tratta di un errore mio, del quale non posso che scusarmi ancora una volta, ma da quando sua moglie ha smesso di venire da me mi sono trovato a interrogarmi su—
– Cosa cosa? Mia moglie ha smesso di venire da lei?
– Sì.
– E da quando?
– Da più di un mese.
– Sta scherzando.
– Non lo sapeva?
– No che non lo sapevo.
– Non viene più dalla seduta del... del 16 settembre.
– Ma a me dice che continua a venire. Il martedì e il giovedì, alle tre e un quarto, come sempre, io vado a prendere Adele a scuola perché Marina deve venire da lei. Anche oggi pomeriggio devo andarci.
– Che menta a lei non mi sorprende affatto, dottor Carrera. Il problema è che ha mentito anche a me.
– Vabbe’, le ha mentito su una cosa. E poi, scusi, non è che per voi le menzogne sono anche più rivelatrici della verità che viene occultata?
– Per voi chi?
– Per voi analisti. Non è che a voi serve tutto, verità e menzogne, eccetera eccetera?
– E chi lo dice, questo?
– Ma, non lo so, voi... Gli psicoanalisti. La psicoanalisi. No? È da quando sono piccolo che sono circondato da gente che va in analisi e ho sempre sentito dire che, insomma, il setting, il transfert, i sogni, le bugie, tutto ha la sua importanza proprio perché la verità che il paziente nasconde ci rimane impigliata. O no? Che problema c’è, ora, se Marina si è inventata qualcosa?
– No, se questa su Luisa Lattes è solo una sua fantasia cambia molto, e allora il pericolo lo corre sua moglie.
– Ma perché? Che pericolo?
– Guardi, mi dispiace tanto ma non è più il caso che io parli con lei. E non dica a sua moglie che sono venuto qui, la scongiuro.
– Ma come fa a pensare che io la lasci andare, dopo quello che mi ha detto? Io adesso esigo che lei—
– È inutile, dottor Carrera. Mi denunci pure all’Ordine, se crede: del resto me lo merito, dato l’errore che ho commesso. Ma non potrà mai costringermi a dirle quello che—
– Senta, non è una fantasia.
– Come dice?
– Quello che Marina le ha detto di Luisa Lattes non è una fantasia. È vero, ci vediamo, ci scriviamo. Solo che non è una relazione, e soprattutto non è infedeltà coniugale: è una cosa nostra che non saprei nemmeno definire e non riesco a capire come faccia Marina a saperlo.
– È ancora innamorato di lei?
– Guardi che non è questo il punto. Il punto è che—
– Mi perdoni se insisto: è ancora innamorato di lei?
– Sì.
– Vi siete visti a Lovanio, nel giugno scorso?
– Sì, ma—
– In una lettera di qualche anno fa le ha scritto che le piace il modo in cui lei si tuffa in acqua dalla riva?
– Sì, ma come ca—
– Avete fatto un voto di castità, cioè di non fare sesso anche se lo desiderate?
– Sì, ma davvero, come fa Marina a sapere queste cose? E perché non mi dice quello che deve dirmi senza tante storie? C’è un matrimonio di mezzo, cazzo, c’è una figlia!
– Mi dispiace dirglielo ma il suo matrimonio è finito da un pezzo, dottor Carrera. E di figlio ce ne sarà un altro, tra poco, ma non sarà suo.
 
[da Il colibrì di Sandro Veronesi, La nave di Teseo, 2019]
 
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Luigi Oliveto

Luigi Oliveto

Giornalista e scrittore. Luigi Oliveto ha pubblicato i saggi: La grazia del dubbio (1990), La festa difficile (2001), Il paesaggio senese nelle pagine della letteratura (2002), Siena d'Autore. Guida letteraria della città e delle sue terre (2004). Suoi scritti sono compresi nei volumi collettanei: Musica senza schemi per una società nuova (1977), La poesia italiana negli anni Settanta (1980), Discorsi per il Tricolore (1999). Arricchiti con propri contributi critici, ha curato i libri: InCanti di Siena (1988), Di Siena, del Palio e d’altre storie. Biografia e bibliografia degli scritti di Arrigo Pecchioli (1988), Dina Ferri. Quaderno del nulla (1999), la silloge poetica di Arrigo Pecchioli L’amata mia di pietra (2002), Di Siena la canzone. Canti della tradizione popolare senese (2004). Insieme a Carlo Fini, è curatore del libro di Arrigo...

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