Nel suo studio di scultore, pittore e architetto, il vecchio Gian Lorenzo Bernini, massima autorità artistica della Roma barocca, è infuriato con Francesca Bresciani, intagliatrice di lapislazzuli che ha lavorato per lui nella Fabbrica di San Pietro e che ora lo accusa, di fronte ai cardinali, di non pagare il giusto prezzo per il suo lavoro.
Si apre così “Lettera a Bernini”, ultimo lavoro del drammaturgo e regista 7 volte Premio Ubu Marco Martinelli – tra i fondatori del Teatro delle Albe, che qui firma una coproduzione insieme a Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale – in arrivo per la prima volta in Toscana al Teatro Cantiere Florida a Firenze(via Pisana 111 Rosso).
Lo spettacolo, in scena venerdì 14 e sabato 15 novembre alle 21, inaugurerà la stagione di prosa 2025/2026 del Teatro, a cura di Elsinor Centro di Produzione Teatrale. In scena Marco Cacciola, tra gli interpreti più interessanti sul panorama nazionale, per oltre 10 anni sodale di Antonio Latella. Tramite una drammaturgia in cui la voce dell’attore e quella di Bernini si rincorrono senza soluzione di continuità a generare sulla scena – come scolpendo nel vuoto – presenze, figure e ricordi, l’opera costruisce una riflessione profonda e universale sul ruolo dell’artista, mostrandoci un Seicento che prefigura il giorno d’oggi, sospeso tra il secolo della Scienza nuova e l’attuale imbarbarimento, sempre più incombente.
LO SPETTACOLO
Il Bernini raccontato da Martinelli è incandescente e vulcanico: un uomo il cui genio è ammirato dal mondo, ma che nel buio del suo studio è disperato e solitario. Il demone con cui lotta è l’ombra dell’odiato rivale, Francesco Borromini, il geniale architetto ticinese, figura che evoca in absentia al pari di quelle dei suoi allievi, ai quali si rivolge discutendo con loro, mettendoli in posa, facendoli recitare nelle commedie da lui scritte e dirette, perché imparino a incarnare gli “affetti”, i sentimenti che dovranno trasferire nel marmo.
Quando giungerà la notizia inaspettata del suicidio di Borromini, la furia cederà il passo alla pietas: per la tremenda depressione che aveva colpito il rivale negli ultimi anni e, al contempo, per l’incessante guerra che gli artisti si fanno, tutti contro tutti, per il loro “sgomitare sotto il cielo”. Non solo: nel periodo barocco di cui Bernini è protagonista il potere ama l’arte, ma l’arte deve esprimersi all’interno della gabbia che il potere ha creato per lei, in un clima in cui la Chiesa pochi anni prima ha bruciato Giordano Bruno e ora sta processando Galileo e torturando Tommaso Campanella.
In questo contesto la morte di Borromini, che prima di andarsene distrugge tutti i suoi disegni perché nessuno possa impossessarsene, può essere una scelta di libertà estrema?