Un mare di libri. Gran finale il 17 agosto con Michele Cecchini, Alice Cappagli ed Eleonora Sottili

Lido Di Camaiore il 13/08/2021 - Redazione
Gran finale per la rassegna “Un mare di libri”, ideata e condotta da Demetrio Brandi.  Martedì 17 agosto alle 21.30 in piazza Principe Umberto a Lido di Camaiore arriva un trio di autori assolutamente da non perdere.  La serata dal titolo “E questo è niente” vede la partecipazione degli scrittori Michele Cecchini, Alice Cappagli ed Eleonora Sottili. Si parlerà dei loro libri e della ventesima edizione del premio letterario "Racconti nella Rete", fucina di nuovi scrittori, considerato il più grande premio nazionale per inediti online. La rassegna "Un mare di libri" è inserita nel cartellone degli appuntamenti estivi coordinato dall’Associazione Balneari.
 
Michele Cecchini presenta "E questo è niente" (Bollati Boringhieri) - È una strana forma di letargia quella che coglie all'improvviso gli abitanti di via Cadorna, dove i più anziani sprofondano a turno in un sonno che dura ventiquattr’ore e poi svanisce senza lasciare traccia. Qui, in un piccolo borgo della campagna fiorentina alla metà degli anni Sessanta, vive Giulio, il nipote del dottore del paese. Giulio ha sedici anni e ne dimostra la metà. Non si muove e non parla. Si definisce «un coso che ha due braccia e due gambe, ma non funziona nulla». È tetraplegico. Immobile nel suo lettino, Giulio osserva, rielabora gli scampoli di vita che gli capitano a tiro, intercetta parole e reinventa l'esistenza a modo suo. Insieme alle ipotesi che via via si dipanano sui motivi della letargia, Giulio racconta di sé e della sua famiglia – il nonno autoritario, il padre indolente, la madre a caccia di sogni – da cui emerge un quadro strampalato dei normali, «gli esseri più misteriosi e più scontenti di tutti», messi straordinariamente a fuoco da chi normale non è, anzi si vede affibbiato l’epiteto di infelice. Improvvisamente per Giulio si apriranno le porte di un mondo nuovo e inaspettato grazie a uno dei medici che giravano per i paesi alla ricerca dei piccoli pazienti invisibili: un dottore alla rovescia ispirato alla figura di Adriano Milani, fratello di don Lorenzo, che a lungo si batté perché la sanità restituisse a questi bambini dignità di persona. La scrittura di Michele Cecchini, lieve e insieme cruda, invita a entrare con coraggio nei pensieri e nell'universo di chi non ha voce. Una fiaba senza fiabesco, dal tono mai patetico e a tratti scanzonato. L’esistenza raccontata da un bambino che non ha alcuna intenzione di rinunciare alla felicità e si lascia «amare dalla vita come viene viene».
 
Alice Cappagli presenta "Ricordati di Bach" (Einaudi) - «Questa storia è la mia storia, Cecilia sono io».  Esistono passioni cosí potenti da cambiarti la vita. Da rovesciarti la testa, i pensieri, lo sguardo. Per Cecilia la musica è esattamente questo: un modo di vivere, il solo che conosce. «Fai finta di dover parlare di tutto quello che è finito in un abisso, – le dice il suo maestro. – Della gioia e del pianto, della vita e della morte. Fai finta di dovermi raccontare qualcosa che non ha mai avuto parole per essere descritto. Rimane Bach. Tolto tutto rimane solo lui: la lisca del tempo». Ma il tempo che cos'è? Cecilia ha otto anni quando un incidente d'auto le lede per sempre il nervo della mano sinistra e si mette in testa d'imparare a suonare il violoncello. E ne ha diciannove quando tenta i primi concorsi. In mezzo, dieci anni di duro lavoro con Smotlak, un maestro diverso da tutti gli altri, carismatico, burbero, spregiudicato. Per arrivare a scoprire qual è il senso di ogni sfida e della sua stessa vita. Cecilia è ancora una bambina, quando a dispetto di tutto e di tutti – in particolare dei suoi genitori –, entra all'Istituto Mascagni di Livorno, un conservatorio, e di quelli seri. Scoprirà a poco a poco cosa significa segarsi i polpastrelli con le corde, imparare solfeggio e armonia, progredire o regredire, scoraggiarsi o meravigliarsi. Educare la sua mano, sfidarla. E trovare una forza inaspettata, un'energia che sembra sprigionare direttamente dalla fatica. Il suo insegnante, Smotlak, spirito spericolato e grande scommettitore, capace di perdere a un tavolo da gioco un Goffriller del 1703, punta su di lei come si può puntare su un cavallo, e mira a farla diventare come gli altri, «quelli senza cuciture». Intorno a loro, una schiera di personaggi che impareremo a conoscere pagina dopo pagina: Odila, compagna di corso e unica amica, la terribile prof. Maltinti, il «sovietico» Maestro Cini... Ma «le vere lezioni non sono quasi mai a lezione», e Cecilia non tarderà a capirlo, scoprendo che una scommessa ben piazzata può portarti lontano e che un vero maestro insegna veramente tutto: perfino a vivere.
 
Eleonora Sottili presenta “Senti che vento” (Einaudi) - "Quando mi consegnarono l'abito da sposa, il tempo minacciava tempesta».  Con una scrittura nitida e leggera, piena di magia, Eleonora Sottili ci racconta di come l'inaspettato s'intrufola nella nostra vita regalandoci le chiavi per aprire nuove porte. Perché esistono tante versioni di noi, e quando si rompono gli argini è il momento di chiedersi se cambiare rotta.  Fuori piove, non smette di piovere, il fiume straripa e corre dappertutto. Mentre i vicini si imbarcano direttamente dal balcone, Agata s’incanta a guardare l’acqua che allaga il pianterreno, lambisce il divano, sommerge la libreria. La casa ora è una nave incagliata dove lei, sua madre e sua nonna mangiano salame al buio, pescano i pomodori dell’orto con il retino, spostano gli oggetti, scoperchiano sorprese. Intanto i regali di nozze navigano indisturbati, e il vestito da sposa volteggia candido al centro della stanza. In questo tempo liquido e sospeso, Agata scopre di non essere l’unica a custodire un segreto. «La nonna tagliava il salame e distri-buiva le fette. A un tratto mi disse: “Sembra di essere in guerra. Tu saresti morta subito, in guerra”. Aveva ragione, lo sapevo. Poi aggiunse: “Certo all’aceto potevate pensarci”. Quindi, come se le cose fossero collegate: “Mi sa che domenica prossima non ti riesci mica a sposare”. Fu allora che la mamma fece scattare la lama del suo coltello a serramanico, e per un momento mi sembrò che le scappasse un sorriso». Nonna Fulvia ha i capelli di ferro e ruggine, non sopporta le zucchine liguri e definisce Agata “un nientino”. La mamma invece sta china sui suoi atlanti a incrociare paralleli e meridiani, cercando instancabile un posto dove sua figlia potrebbe avere una vita sorprendente. «Io con loro non c’entro niente», pensa Agata. Tanto domenica si sposa e finalmente sarà al sicuro, lontana dalle intermittenze dell’una e dalle forze contrarie dell’altra. Ma il fiume arriva a confondere i confini tra le cose, e Agata scopre di essere molto piú vicina alle donne della sua famiglia di quanto credeva. Un segreto, del resto, ce l’ha anche lei: la collezione di appartamenti vuoti dove ha fatto l’amore con un ragazzo che non è lo stesso che sta per sposare.
 
 
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