DiDesign, al via nuova rubrica. Intervista a Francesco Fumelli, direttore ISIA Firenze

Serena Bedini

26/01/2023

DiDesign è la rubrica mensile sulla didattica del design curata da ISIA Firenze per Toscanalibri.it. Sulle sue pagine troverete tematiche, metodologie, progetti, consigli bibliografici e storie relative al mondo del design e della progettazione. Sarà un’occasione di confronto e di approfondimento, ma anche un modo per conoscere alcuni fondamenti alla base di questa affascinante disciplina che in quest’epoca, più che mai, è entrata a far parte delle nostre vite. Tutti noi, infatti, abbiamo comprato almeno una volta un oggetto di design, un mobile progettato da qualche noto disegnatore o ci siamo soffermati a osservare stile e funzionalità perfettamente coniugati in un prodotto esposto in una vetrina. Allo stesso modo, non manca chi tra noi si è scontrato con la necessità di realizzare un sito internet, di usare un’applicazione e, indubbiamente, soprattutto di leggere o comprare un libro che è di per sé un prodotto di design. Tutti noi insomma abbiamo un’idea di cosa sia il design, ma di fatto ci è difficile spiegarlo, non sappiamo nemmeno immaginare come si diventi designer né quando in effetti un oggetto possa essere definito “di design”. E quindi perché non cominciare proprio così questa rubrica? Perché non dissipare subito alcuni dubbi? Abbiamo rivolto qualche domanda al prof. Francesco Fumelli, docente di Basic Design, e direttore di ISIA Firenze, istituto fondato nel 1975, che ha sede oggi in via Pisana 79 a Firenze, presso il Parco di Villa Strozzi, e di cui è presidente l’on. Rosa Maria Di Giorgi.
 
Prof. Fumelli, che cos’è il design?
“Il design è una disciplina progettuale e il termine progettare dal latino (projectus) significa portare avanti. Questa semplice analisi etimologica ci permette di comprendere - più di tante altre definizioni - come il design sia una di quelle discipline che hanno il compito di plasmare il nostro ambiente arricchendolo di oggetti, servizi, scenari e concetti a prova di futuro. E se già nel 1976 Tomás Maldonado, parlando del «prodotto come individuo tecnico», metteva in guardia il progettista dal considerare in via esclusiva dimensione estetica dei prodotti, nel contemporaneo il design è sempre più caratterizzato dall’esplicitarsi di una netta interdisciplinarietà. Una disciplina ibrida, un saper fare e pensare che deve essere caratterizzato da una visione complessiva verso l’uso responsabile e sostenibile delle risorse e di ogni possibilità tecnologica. Per dirla con il grande Giovanni Klaus Koenig, in un suo testo dedicato alla critica della cultura progettuale, Il design è un pipistrello. Mezzo topo e mezzo uccello (Firenze, La casa Usher, 1991), un animale al quale occorre avvicinarsi con la giusta dose di curiosità, visione, apertura mentale e senso di responsabilità per affrontare le grandi sfide che il presente ci pone. E proprio partendo dal presente - chi accetta la sfida di diventare designer - non fa altro che accogliere l’invito a progettare il futuro della collettività. Figura capace di un approccio progettuale ai problemi, con una visione di insieme costituita da una serie di competenze e capacità progettuali”.
 
Che cos’è la didattica del design?
“Quello che sostengo sempre in ogni contesto è che non esistono mille design diversi (product design, interior design, fashion design, food design, graphic design per citarne alcuni) esiste semmai un metodo progettuale fatto di discipline fondanti da studiare e conoscere ed esisterà poi - a seguire - la possibilità di specializzarsi in una delle molte possibili declinazioni. È una visione non condivisa da tutti: specialmente nel settore della formazione, infatti, esiste ed è diffusa la comunicazione del design come un sapere specialistico e verticale. Diciamo che esigenze di marketing ritengono più appetibile (specialmente per le istituzioni formative private) promuovere corsi di car design o di UX design (due esempi qualsiasi tra i molti possibili), ma non è possibile specializzarsi senza conoscere i fondamenti base della disciplina. Per questo i corsi e quindi i progetti nati all’interno degli ISIA sono da sempre portatori di un preciso orientamento nella didattica del design: lo spostamento dell’interesse principale della progettazione dal singolo prodotto (sia questo un oggetto o un servizio), allo scenario complessivo. In questo quadro il ruolo assunto dal progettista che si forma presso la nostra istituzione è quello di un intellettuale/tecnico con un importante ruolo sociale, responsabile nei confronti dell’ambiente e della collettività con una ampia capacità di intervento interdisciplinare”.
 
Cosa sono gli ISIA?
“Il comparto ISIA fa parte dell’AFAM e quindi del MUR (Ministero dell’Università). Gli ISIA sono 5 in tutta Italia e sono istituzioni pubbliche di Alta Formazione a numero chiuso, dove si accede con un rigoroso esame di ammissione. Sono istituzioni con un piccolo numero di studenti e un corpo docenti composto al 90% da professionisti delle varie discipline. A livello storico gli ISIA si collocano sulla scia della Scuola di Ulm e nel rispetto delle scuole tedesche (Bauhaus) e sovietiche (Vchutemas) che - nate negli anni Venti - si ponevano l’esigenza di dare un carattere scientifico e accademico, ma anche di fornire agli studenti un deciso supporto pratico e operativo, alla professione del designer/ progettista. In seguito, alla fine degli anni '60, maturò una particolare attenzione nei confronti di temi del design di rilevanza pubblica e sociale, per andare oltre la produzione industriale, grandi temi che hanno trovato la loro base di prima applicazione negli ISIA (Istituti Superiori per le Industrie Artistiche) costituiti nella loro forma attuale su un progetto di Giulio Carlo Argan nei primi anni ‘70, sostituendo i Corsi Superiori di Disegno Industriale e il Corso Superiore di Arti Grafiche”.
 
Chi è un designer oggi?
“Oggi la professione del designer è orientata sempre di più verso una concezione sistemica del progetto che richiede il possesso di più ampie conoscenze accademiche e pratiche tali da permettergli di saper dialogare con specialisti in diversi ambiti disciplinari e di coordinare ricerche a elevato contenuto di complessità, in funzione di una loro applicazione progettuale, anche pratica e fattuale. E in fondo il successo del cosiddetto made in Italy cos’è se non un sapiente mix di pensiero creativo, arte, conoscenza del prodotto e del mercato in una efficace fusione di un saper fare capace di coniugare tradizione e di modernità con un approccio trasversale rispetto alla creatività? Proprio nell’ottica di aprirsi alla interdisciplinarietà e alle contaminazioni ISIA Firenze si è impegnato a costituire un nuovo Politecnico delle Arti e del Design. Il Politecnico delle Arti e del Design di Firenze, è un progetto che stiamo avviando per costituire un polo di Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica, unendo tre diversi istituti fiorentini AFAM (ISIA, Accademia di Belle Arti di Firenze e Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze) proponendo un modello di formazione interdisciplinare e innovativo che lo renderà un punto di riferimento imprescindibile sulla scena nazionale. Potete seguire il progresso del progetto, una vera e complessa operazione di design, qui: www.polifi.it”.
 
Quale libro può consigliare per un’introduzione al mondo del design?
“Posso consigliare per una visione di insieme della disciplina il Manuale di storia del design di Domitilla Dardi e Vanni Pasca (Silvanaeditoriale, 2019). Vanni Pasca, coautore, è una figura importante nel mondo del design, purtroppo recentemente scomparso (è stato anche docente per ISIA Firenze). Il volume racconta con simpatia e in modo semplice ed accattivante la storia del design tra progettazione e tecnologia prendendo in esame un largo ventaglio di settori: da quello degli oggetti tecnici alla grafica e alla moda, dal car design a quello sociale, includendo il più delle volte riflessioni sulla ricaduta che un determinato progetto ha avuto sulla storia del costume nelle sue applicazioni alla vita reale. Uscendo dalle letture canoniche posso suggerire poi un breve romanzo, non un saggio o un manuale, ma un semplice e godibile romanzo a tema design: La ragazza del Bauhaus di Theresia Enzensberger (Guanda). Si tratta di un libro che piacerà a chi conosce il design, che ritroverà i profili ben romanzati di mostri sacri come Gropius, Klee e Kandinsky, ma sarà una bella lettura anche per chi il design non lo conosce ed è desideroso di comprendere cosa è stato e cosa ha rappresentato il Bauhaus in cui Louise, giovane studentessa del primo anno, imparerà a conoscere l’amore (e il tradimento), insieme ai fondamenti del disegno progettuale”.
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Serena Bedini

Serena Bedini
È nata a Firenze nel 1978; si è laureata con 110/110 e lode in Filologia Moderna nel 2005 presso l’Università degli Studi di Firenze. È scrittrice, giornalista, docente. Maggiori informazioni su di lei sono reperibili su www.serenabedini.it.

 
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