Il colibrì. Quando uno stato di apparente immobilità diviene resilienza

Kevin Tushe

08/07/2020

Secondo la teoria dell’Effetto farfalla, da un evento di portata apparentemente irrilevante possono originarsi fenomeni su vasta scala, dal potenziale, talvolta, catastrofico: così un uragano può essere causato dallo stesso battito d’ali di una farfalla o perfino di un colibrì. Marco Carrera, protagonista dell’ultimo romanzo di Sandro Veronesi - che quest’anno ha bissato il successo ottenuto già nel 2006 guadagnandosi nuovamente il Premio Strega - si reincarna proprio in un colibrì, non tanto per la sua stazza esile, quanto per la sua leggiadria e al contempo pervicacia, che gli permettono di muovere con tanta abilità le proprie ali minute, garantendogli uno stato di immobilità che diviene resilienza, un accorato appello alla ricerca di un motivo per non darsi per vinto seppur tutto pare avverso. Carrera, infatti, è un uomo che ha incontrato nella propria vita innumerevoli ostacoli, a partire da un matrimonio che sta inesorabilmente volgendo al termine, a cui si aggiungono rimpianti dal passato e demoni dal futuro; nonostante ciò, la sua fiducia nell’umanità non accenna ad affievolirsi, in quell’uragano di sciagura che tenta in ogni modo di spegnere la sua fiamma Carrera ne esce redivivo, una fenice che risorge dalle ceneri del proprio fallimento in un homo novus.

Il testo si presenta come un’alternanza di lettere, e-mail e narrazioni in terza persona, rendendo la vicenda più immersiva, permettendo di alternare il punto di vista dei singoli personaggi a quello di un narratore esterno, espediente che, seppur non del tutto originale e a tratti quasi forzato, conferisce al libro un ritmo dapprima incalzante, per poi assumere progressivamente toni elegiaci, fino a giungere al momento della “rinascita”. Lo stile di Veronesi è ricco di descrizioni e digressioni che permetteranno al lettore di inserirsi nella vita dei personaggi come se li si conoscesse da una vita intera, finendo talvolta per perdersi nell’intreccio e in indagini retrospettive che, tuttavia, risultano spesso ridondanti. Nel complesso, un volume che esordisce in sordina, proprio come il battito d’ali di un colibrì, per poi divenire tempesta e infine acquietarsi, lasciando spazio ad un cielo limpido intriso della tanto agognata felicità, a lungo perseguita dal colibrì-Carrera.
 
Kevin Tushe ha 16 anni, frequenta il Liceo Piccolomini di Siena e partecipa al progetto Recensio
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