Il mistero di Anna. Il viaggio di Simona Lo Iacono tra candore, poesia, politica e amore

Marialuisa Bianchi

28/02/2023

“Stai sempre vicino a qualcosa che cresce. Che sia un bambino, un progetto, un'idea o un nuovo giorno” (Anna Maria Ortese). Simona Lo Iacono con “Il mistero di Anna” (Neri Pozza) ha di nuovo colto nel segno con un romanzo di formazione, e non solo, ispirato alla vita di Anna Maria Ortese, ma anche alle vite dei tanti bambini di cui l’autrice si occupa in tribunale, come magistrata presso la sezione minorile della corte d’appello di Catania. “A questi bambini devo molto”, ha dichiarato l’autrice durante la presentazione del suo libro, e si percepisce tutto l’affetto e la grande capacità di ascoltarli e raccontarli, come fa in questo romanzo dedicato alla piccola Anna.
 
“Allora nella valigia ci ho stipato le braccia di Anna Maria con lo scialle bucato, i quadri della galleria di Brera, la mia maestra e gli amanti, le punte del Duomo, lo smog, la vita e i suoi battiti, uno, due, tre, mille. E ancora la periferia, muri spaccati, scritte che parlano di rivoluzione e solitudine. Uno, due, tre, mille. La mia valigia è pronta, signorina Anna Maria. Colma delle cose che non vedo”. Questa frase evidenzia subito il personaggio di Anna, una bambina siciliana povera che vive di sogni e di poesia, diversa e anche emarginata, nel migliore dei casi compatita per questi suoi doni che agli occhi dei più appaiono stralunati desideri, anche un po’ comunisti e quindi in odore di zolfo, da rigettare via. “Un’altra cosa che non dico a nessuno è che le parole sono di due misure. La misura libera e la misura oppressa. La misura oppressa è quella delle parole che diciamo per comodità, insomma per stare con gli altri, per esempio a tavola o a scuola. Quelle parole che dici per educazione. La misura libera invece è quella dei pensieri. Lì la parola è come la verità, devi per forza pensarla nuda e cruda, ma una volta che questa cosa l’ho messa nel componimento, il signor direttore mi ha mandato a chiamare, mi ha chiesto se a casa eravamo comunisti”.
 
Siamo nel 1968 fra la Sicilia e Milano e i ricordi della Ortese di vari luoghi in cui ha vissuto, tra cui la Libia e Napoli. L’espediente narrativo della storia è un concorso letterario per le scuole italiane. Chi scriverà la lettera più bella ad Anna Maria Ortese riceverà in dono una settimana a Milano, ospite a casa della Ortese. Una richiesta della casa editrice dopo la vittoria allo Strega, che la scrittrice subisce un po’ a malincuore, ma avrà modo di ricredersi presto. Anna è una bambina siracusana di dieci anni, innamorata dei libri, delle poesie e delle parole. Vive costantemente con la testa tra le nuvole, insieme alla madre sarta e a un papà sempre arrabbiato perché non trova mai lavoro.
 
La scrittrice alterna le giornate della piccola a una strana corrispondenza con un personaggio che avrà poi un ruolo decisivo. E parla dei gravi lutti della sua vita, due fratelli morti giovanissimi, poi la mamma e il padre. Queste sofferenze portano la Ortese al cambiamento e alla scoperta della scrittura. Lei non riesce a sopportare questo dolore, così scrive le terzine per il fratello, conosce la sua vocazione e finalmente il dolore si fa contemplabile. La vocazione la salva. La vicenda privata che diventa valore universale. Dal punto di vista linguistico nel romanzo si alternano vari registri, alto della Ortese, basso e anche poetico della bambina con parole desuete o inventate “intrafficate”. Scritto in forma di diario, intervallato dalle lettere che la scrittrice riceve da una fantomatica R. sappiamo anche della vita e le sofferenze di Anna Maria Ortese.Tra premi letterari e povertà, poesia e tradimenti, osserviamo la sua vita attraverso gli occhi della bambina, affascinata dalla passione per i romanzi e la poesia.
 
“La signora Anna però è più bella di Biancaneve, perché negli occhi le si vede proprio che è una scrittrice, una che la vita non riesce solo a viverla ma la deve pure raccontare. Questo fatto di raccontare la vita, però, non è sempre conveniente. Perché devi guardare dove nessuno guarda, oppure devi guardare in un modo che non è il modo di tutti. Ecco perché la signora Anna ha messo un vestito da donna a una iguana, perché ha uno sguardo che non è lo sguardo degli altri”. Questa frase emblematica ci ricorda la piccola Eugenia de “Il mare non bagna Napoli”, che toglie gli occhiali da miope per non vedere le brutture del quartiere. Qui la situazione è rovesciata, Anna vede con occhi positivi e poetici il mondo che la circonda e infonde una luce particolare a ciò che le capita.
 
Il filo dei libri di Simona Lo Iacono è quello di donne che riescono ad andare avanti e riscattarsi, nonostante le difficoltà e a dispetto di coloro che non le hanno apprezzate. Questo vale per la bambina, ma anche per la Ortese, il cui valore sarà riconosciuto solo in tarda età. “Il mare non bagna Napoli”, forse il suo libro più bello e anche quello che le procurò i più grandi dispiaceri, perché fu criticata e ostracizzata dal gruppo di scrittori di cui faceva parte, in fondo ne aveva messo a nudo le contradizioni interne. L’unico che la difese fu Elio Vittorini, di cui compaiono tre citazioni.
 
Un altro personaggio rilevante è la sorella Maria, che contribuirà al mantenimento di Anna Maria e la accudirà e sosterrà in silenzio. Un grande gesto di generosità ma anche di abnegazione. La bambina lascerà Milano per tornare a Siracusa mutata e più consapevole di sé e dei suoi sogni; la settimana insieme a questa scrittrice è stata un'esperienza indimenticabile e le cambierà la vita.
 
Un romanzo intenso per approcciarsi alla bellezza delle parole di Anna Maria Ortese, la sua vita, ma anche le vite di quei tanti bambini che l’autrice frequenta e che le sono rimasti dentro, attraverso una narrazione visionaria ma precisa, l'esistenza di una realtà più complessa. Attraverso l’invenzione del romanzo, ci si avvicina, forse, alla comprensione delle mille realtà, come per la Ortese. Non è un caso se dalla copertina ci scrutano gli occhi intensi della bambina immortalata da Letizia Battaglia, altra donna vera, altra donna neorealista, come Vittorini. Insomma, un viaggio, anche in treno dal Sud al Nord tra il candore, la poesia, la politica, la fatica, l’amore. La storia di questo nostro Paese, che dimentica troppo spesso.
 
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Marialuisa Bianchi

Marialuisa Bianchi

Molisana d’origine, si è laureata in storia medievale a Firenze, dove vive. Ha insegnato Italiano e Storia nelle scuole superiori. Ha appena pubblicato per i tipi di Mandragora Storia di Firenze. La preziosa eredità dell’ultima principessa Medici che ha reso grande il destino della città. Precedentemente il romanzo storico Ekaterina, una schiava russa nella Firenze dei Medici e, nel 2021, La promessa di Ekaterina (edizioni End). Ha esordito con un libro...

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