La piccola grande rivoluzione di “Il magnifico ribelle” di Riccardo Nencini

Serena Bedini

17/07/2017

Ci sono storie e storie: alcune sono destinate a portare scompiglio, altre a venire dimenticate; alcune sono scritte in poche pagine, ad altre occorrono tomi e tomi. “Il magnifico ribelle. Il Mugello di Giotto” è un breve saggio, scritto con piglio sicuro e schietto, con lo stile incisivo di chi ha poco tempo e molto da dire, di chi è sospinto dalla sete di conoscenza e circoscrive in righe chiare e concise la grandezza di una vita illustre. “Del resto” - spiega Riccardo Nencini – “le rivoluzioni si compiono in ambienti favorevoli ma le capacità dei protagonisti sono essenziali. Indispensabili” (p.17). Ebbene questo piccolo volume, apparentemente inoffensivo, non raccoglie solamente la storia di un rivoluzionario, Giotto stesso, ma è di per sé una rivoluzione autentica. Non esisteva momento migliore di questo, quando ricorrono 750 anni dalla morte del Maestro, per indagare a fondo e con scrupolo quali siano effettivamente le sue origini (mugellane o fiorentine) e se nelle sue opere siano rintracciabili ambientazioni mugellane. Una domanda che scotta, la prima, visto che la provenienza mugellana di Giotto è data ormai quasi per acquisita, ma esistono certezze in materia di fatti avvenuti a tanti secoli di distanza? Un quesito che è opportuno porsi, in quanto confrontando date e fonti storiche non sembra poi così scontata la risposta anche se l’autore, proveniente dal Mugello, vorrebbe con tutto il cuore confermare la provenienza mugellana di Giotto e quindi indaga con ardore, domanda a medievisti e storici dell’arte, fa ricerche tra la polvere degli archivi e riassume mesi e mesi di studi affannosi in poche semplici pagine che pesano oro e adombrano possibilità più che plausibili e accettabili. Già perché questo piccolo volume trasuda passione per la ricerca storia, desiderio di raggiungere la verità.

Non meno interessante è poi l’altra questione, ossia se esistano o no ambientazioni mugellane nei dipinti di Giotto: un quesito nuovo e affascinante, una supposizione che ancora una volta appare tanto fondata da essere perfettamente credibile. “Quanto al modo di esporre la materia”, spiega Cristina Acidini nella Presentazione al volume, “Nencini travalica le convenzioni del settore e si presenta con una sua cifra originale, diretta e serrata. Le risultanze d’archivio più specialistiche, le congetture più laboriose, le narrazioni più marginali prendono la pulsazione della vita nel testo, che scorre incalzante in forma di monologo interamente rivolto a un unico Ascoltatore (o a un ascoltatore collettivo, ovvero a un pubblico immaginario), di volta in volta sollecitato, intimidito, esortato, coinvolto” (p. 9). Riccardo Nencini conduce per mano verso una conclusione inaspettata e lo fa con il piglio del romanziere che nutre i suoi lettori di piccoli particolari per portarli poco a poco alla soluzione del giallo. Così scopriamo, alla fine del libro, non solo quali fossero le origini di Giotto ma anche come si fa a scrivere un saggio riuscendo ad attanagliare il lettore nella “trama” e a farlo giungere all’ultima pagina con la speranza che dopo ce ne sia ancora un’altra.
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Serena Bedini

Serena Bedini
È nata a Firenze nel 1978; si è laureata con 110/110 e lode in Filologia Moderna nel 2005 presso l’Università degli Studi di Firenze. È scrittrice, giornalista, docente. Maggiori informazioni su di lei sono reperibili su www.serenabedini.it.

 
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