31/08/2012
Il libro di Stefano Bisi, “Sindaci in bianco-nero” (Betti Editrice), ha il merito indiscutibile di richiamare – pur con il taglio svelto e disincantato del cronista – uno spaccato della città di Siena che si snoda lungo l’arco di quasi 40 anni (dal 1974 ad oggi). E già questo costituisce un merito, poiché è cosa abbastanza rara trovare pubblicazioni che, a vario titolo, raccontino Siena nel suo passato prossimo. Solo da qualche anno – e meno male – apprezzati storiografi locali hanno cominciato a pubblicare libri sulla Siena ottocentesca e novecentesca. Nella molteplice e variegata pubblicistica senese, continua, infatti, a prevalere un racconto ‘aulico’ della città e prevalentemente legato ad epoche remote; poco si parla dei tempi ‘moderni’. Verrebbe da chiedersi se anche l’editoria rifletta un atteggiamento mentale (una predisposizione dello spirito) che privilegia più facilmente la gratificazione di una memoria storica ormai lontana (senza dubbio ricca e suggestiva), rispetto al valore, alle contraddizioni, ai quesiti, ai problemi lasciati aperti da una storia recente e, in buona parte, a noi contemporanea. C’è peraltro da notare che, se escludiamo le cronache giornalistiche, il “racconto di Siena” – quel racconto non solo letterario, ma anche sociologico, di costume, di interpretazione della città che fino ad un certo punto è scaturito dalle penne e dall’acume di scrittori celebri contribuendo a creare il mito di Siena – si è pressoché interrotto da circa mezzo secolo. Tant’è che verrebbe da domandarsi: forse la città, esaurito il fascino e il lungo riflesso del suo passato, non ha saputo reinscrivere nella contemporaneità certe sue peculiarità e ricchezze? Davvero lontani sembrerebbero i tempi (era il 1960) in cui Alfonso Gatto (scrittore, poeta, giornalista) parlava con entusiasmo di Siena, che gli appariva “città antica, ma mai remota”, espressione davvero folgorante per dire come la città sapesse, con naturalezza, coniugare il passato al tempo presente.
Con la benevolenza del tempo - Ma per tornare al libro “Sindaci in bianco-nero”, dicevamo che il suo valore è tantomeno quello di aver ricostruito una cronaca lunga quasi 40 anni; aver montato un film che esisteva sparso in molteplici spezzoni, per richiamare la memoria recente di una città che talvolta soffre di amnesie. Bisi lo ha fatto condividendo semplicemente i suoi appunti di cronista, che, però, così organizzati e messi in sequenza, offrono materia che già potrebbe essere ri-ragionata e approfondita in termini di storia. E’ dunque un libro ‘ad uso di memoria’. E fare memoria è qualcosa di più del ricordare, poiché il ricordo è prevalentemente frammentario, lacunoso, nostalgico; mentre la memoria risulta più organica, sa coniugare sentimenti e raziocinio. Inoltre (aspetto niente affatto secondario) la memoria è utile alla comprensione del presente e a progettare il futuro. E per la sua piccola parte anche il libro di Bisi può dare un contributo in tal senso. E’ chiaro che il trascorrere del tempo interpone tra l’oggi e gli accadimenti di ieri una ‘benevolenza’ di sguardi, di considerazioni e di giudizi (accade questo nella memoria individuale e pure in quella collettiva). E ciò si riscontra anche nelle pagine scritte da Stefano. Non solo perché – come abbiamo detto – il tempo smuove sentimenti di indulgenza, ma anche perché il tempo rende più oggettivi i fatti, le situazioni, i comportamenti. Opera un vaglio, sopisce le passioni del momento a vantaggio della durevolezza di quanto quelle stesse passioni hanno lasciato di non effimero. Ebbene, l’autore nel suo libro usa con levità ambedue i registri: quello, appunto, della benevolenza assolutoria e quello dell’analisi oggettiva che il trascorrere del tempo induce. Non negandosi, comunque, certe sue tipiche staffilate, punzecchiature, giudizi di merito che, come è noto, non ricorrono a troppi giri di parole.
Giornalista militante - Del resto la scrittura giornalistica di Stefano si contraddistingue proprio per come sia diretta (ispirata, si potrebbe dire, al principio del ‘bando alle ciance’), per come manifesti chiaramente simpatie e avversioni. Lo dice anche Roberto Barzanti nell’introduzione al libro (una introduzione niente affatto di circostanza, ma che può considerarsi a tutti gli effetti un capitolo del libro e un’utile chiave di lettura delle pagine che seguono). Barzanti scrive argutamente: “Il bello è che [Bisi] non fa mistero delle sue idiosincrasie e dei suoi entusiasmi e quindi non gioca per sottintesi. Insomma il suo è un giornalismo militante, calato in un ambiente del quale echeggia virtù e ubbie, vizi e slanci: ne conosce bene – e l’asseconda – il gusto di riferire a volontà individuali le strategie più complicate, le manovre da decifrare. Un metodo del genere sfocia in una continua personalizzazione: spinge a mettere al centro di un intricato universo cittadino le persone, le loro parole, i loro caratteri. I fatti ne discendono di conseguenza, diventano leggibili solo come proiezioni di disegni o rapporti di una commedia che non finisce di sorprendere. E suscita applausi di consenso o fischi di riprovazione”. Tale è dunque Stefano Bisi anche quando nel libro dei “Sindaci in bianco-nero” ci rammenta un quarantennio di vita politico-amministrativa della nostra città. E non vi nego che leggendo, interessato e divertito, quelle pagine, mi sono tornate alla mente (ne sarà lusingato Stefano) le parole di un grande giornalista italiano, Giorgio Bocca, che in un volumetto pubblicato nel 1962 dalle Edizioni Avanti, intitolato “Miracolo italiano” (una sorta di reportage attraverso l’Italia del boom economico) scriveva, fra le altre cose, nel capitolo dedicato a Siena: “[…] Ma non c’è neppure una lotta spietata di fazioni. […] Fra i socialcomunisti e la Democrazia Cristiana esiste una specie di armistizio che si interrompe solo quando bisogna nominare la delegazione comunale al Monte dei Paschi. Allora un volgare desiderio di fiorini e di grossi si risveglia in questi coltivatissimi spiriti: se una civiltà secolare non li avesse estenuati darebbero di mano ai coltelli. Nominata la delegazione, tutto riprende come prima con reciproche cortesie e reciproche menzogne”. Insomma, verrebbe quasi da pensare che già Giorgio Bocca colse ciò che Bisi cinquant’anni dopo avrebbe chiamato ‘groviglio armonioso’, per trovare. in una sorta di ossimoro, quanto possa definire una città che dell’intrico (talvolta delle divisioni) fa unità.
Ieri, oggi, domani - Letto il libro, sorgono, naturalmente, riflessioni e domande. I ritratti dei sindaci proposti da Bisi non possono essere certamente decontestualizzati dalle stagioni politiche e sociali che li espressero. Di quelle stagioni ricordano limiti e vivacità. Verrebbe inoltre da formulare un giudizio di sintesi su quasi mezzo secolo di governo della città. Ovvero che, al di là dei giochi di potere, dei personalismi, degli errori, dei compromessi, degli inevitabili intrallazzi ed equilibrismi politici, sembrerebbe aver prevalso – e questo testimonierebbero i sindaci susseguitisi – una tramandata cultura della cosa pubblica e del bene comune. Ovviamente c’è chi non è di questo avviso. Per concludere. Abbiamo detto che la memoria (anche quella che si ricava dagli appunti del cronista Bisi) può servire ad analizzare il presente e soprattutto a pensare il futuro. Siena, oggi, ha davvero bisogno di ricollocarsi con le sue peculiarità nel flusso di una prospettiva futura. Per fare questo servono idee lungimiranti (che non significa astratte), serve ciò che un tempo si chiamava ‘visione delle cose’ e che, anche in tal caso, non vuol dire inseguire fantasticherie, ma interpretazione del presente per dare al presente stesso un futuro. L’auspicio è dunque in un sequel del libro di Stefano Bisi che possa raccontarci tutto questo.
Articolo pubblicato oggi su Il Corriere di Siena
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Giornalista e scrittore. Luigi Oliveto ha pubblicato i saggi: La grazia del dubbio (1990), La festa difficile (2001), Il paesaggio senese nelle pagine della letteratura (2002), Siena d'Autore. Guida letteraria della città e delle sue terre (2004). Suoi scritti sono compresi nei volumi collettanei: Musica senza schemi per una società nuova (1977), La poesia italiana negli anni Settanta (1980), Discorsi per il Tricolore (1999). Arricchiti con propri contributi critici, ha curato i libri: InCanti di Siena (1988), Di Siena, del Palio e d’altre storie. Biografia e bibliografia degli scritti di Arrigo Pecchioli (1988), Dina Ferri. Quaderno del nulla (1999), la silloge poetica di Arrigo Pecchioli L’amata mia di pietra (2002), Di Siena la canzone. Canti della tradizione popolare senese (2004). Insieme a Carlo Fini, è curatore del libro di Arrigo...
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