Un saggio in cui l’autrice, Silvia Calamandrei, risale alle radici del suo complesso rapporto con la Cina, paese per il quale ha maturato un'appartenenza, pur nello sdoppiamento identitario e linguistico, e che continua a seguire per costruire ponti di comunicazione lanciati già negli anni '50 dai genitori, corrispondenti a Pechino, e da Piero Calamandrei a capo di una delegazione culturale italiana nel 1955 in Cina. Si tratta di “Attraverso lo specchio. Cina, andate – ritorni” (Storia e Letteratura), recentemente pubblicato. Nel volume Silvia Calamandrei ricostruisce le radici familiari dell'"incantamento": dal soggiorno nella Pechino da poco liberata, dove frequenta la scuola elementare cinese e partecipa alle mobilitazioni dei bambini nelle prime campagne maoiste, alla Cina della sua giovinezza, quando assiste all'ultima fase della Rivoluzione culturale. Il tracollo del maoismo innesca un desiderio di approfondimento e di messa in discussione delle certezze ideologiche, e la tragedia di Tienanmen del 1989 sollecita un contatto più diretto, mentre assiste alla grande trasformazione della Cina in potenza globale. Una meditazione nel corso della pandemia partita da Wuhan, nell'anno che doveva essere quello della cultura e del turismo italocinese.
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