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Caffè letterari. Furono moda, rito e mito

06/12/2010

Se a Venezia una notte di inverno un poeta sedesse al calduccio “d’epoca” del Caffè Florian, potrebbe anche scrivere versi del tipo: «La nebbia rosa / e l'aria dei freddi vapori / arrugginiti con la sera / il fischio del battello che sparve / nel largo delle campane. / Un triste davanzale, / Venezia che abbruna le rose / sul grande canale. // Cadute le stelle, cadute le rose / nel vento che porta il Natale». Questo fece, appunto, Alfonso Gatto componendo la poesia “Natale al Caffè Florian”. Testo di ovattata malinconia a cui – immaginiamo – il tintinnio delle tazzine non arrecò affatto disturbò; anzi, per contrasto, vi aggiunse mestizia.

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