Faraoni e fiori. La meraviglia dei giardini dell’antico Egitto raccontata da Divina Centore

Nuovo appuntamento con la rubrica di Toscanalibri "Perchè leggere i classici": un ciclo di interviste a docenti universitari, dottori di ricerca, filosofi, scrittori e poeti sul valore dei grandi pensatori latini e greci. Ma anche un modo per confrontarci con quel passato remoto che, in quanto classico, si sovrappone spesso con il nostro presente.

Come erano i giardini nell’antico Egitto? Cosa significava fare il giardiniere dei Faraoni? Qual era l’importanza dei giardini nel mondo antico in generale, sia che si fosse sulle sponde del Nilo o sulle rive del Tevere? E quali fonti letterarie ci parlano dei giardini nel mondo antico?

A queste ed altre domande risponde Divina Centore, laureata all’Università di Pisa, Egittologa al Museo Egizio di Torino ed autrice del volume dal titolo "Faraoni e fiori. La meraviglia dei giardini dell'antico Egitto" (Il Mulino, 2025).

"Tebe, 1350 a.C. Sotto il sole ardente, brilla una gemma nascosta: il giardino di Nebamun, alto funzionario del tempio di Amon. Qui palme da dattero, fichi, alberi di persea, ninfee e papiri riflettono il potere e la ricchezza del proprietario. Oasi simili si trovano dentro templi e altri contesti sacri, come anche in residenze private. Quello dei suoi splendidi giardini è un aspetto poco conosciuto della civiltà egizia, eppure resti archeobotanici, testi antichi e pitture sfidano l’immagine di un paese quale terra arida e desertica e ci mostrano come gli egizi sapessero creare giardini e orti incantevoli che oltre a fornire cibo, materie prime e medicine, avevano profondi significati simbolici e tramandavano storie meravigliose".

(Dalla quarta di copertina)