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Festambiente, “Non leggete i libri, fateveli raccontare” di Bianciardi a Rispescia il 12 agosto

10/08/2012

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Cinque lezioni scritte con criterio scientifico e dedicate non soltanto a giovani con ambizioni spropositate rispetto ai loro mezzi, ma anche ai vecchi leoni dell'impresa culturale, ai maturi operatori e agli intellettuali affermati che tappezzano la Penisola. Arriva a Rispescia domenica 12 agosto (ore 19.15), nell’ambito della XXIV edizione di FestAmbiente, “Non leggete i libri, fateveli raccontare”, tratto dall'opera di Luciano Bianciardi, con Angelo Romagnoli, regia Francesco Pennacchia, una produzione della Compagnia Pennacchia Romagnoli/laLut, con il sostegno e la collaborazione di Regione Toscana, Comune di Siena, Fondazione Toscana Spettacolo e La Corte Ospitale.

L’evento - Lo spettacolo, che si svolgerà all’ora del tramonto in un uliveto, si realizza nell’ambito delle iniziative del Clorofilla film festival, in collaborazione con la Fondazione Luciano Bianciardi, e sarà presentato da Stefano Adami, docente universitario e scrittore nonché componente del Comitato Scientifico della Fondazione. Bianciardi dipinge in quest’opera l'impresa culturale nostrana come un mondo pieno di quei grandi personaggi servili e amari della commedia all’italiana; un mondo, che sta in quel perimetro linguistico-esistenziale tra Flaiano, Gadda e Pietro Germi, abitato da gente cinica e incosciente che conta i denti della belva che li divora e ne deride le carie. Uno spettacolo che giova a tutti quegli sprovveduti che nel mondo delle Muse non riescono a viverci e ancora non hanno capito il perché.

L’artista - Luciano Bianciardi, uomo e intellettuale grossetano, uno degli scrittori e giornalisti più influenti degli anni Sessanta, suggeriva di lasciare il significato della parola “intellettuale“ nelle nebbie più fitte. Satirista d'eccezione, critico della nascente industria culturale ed esistenzialista non ortodosso, Bianciardi racconta l'Italia com'era e come è, con la potenza della riflessione e del cinismo, senza padri né padroni. Illuminante nel raccontare il mondo della cultura italiana nelle sue approssimatezze, non esclusive dell’ambito culturale, Bianciardi, a modo suo, inventò una maschera da commedia all’italiana teatralmente antica ma moderna nei comportamenti: l’intellettuale servile che, conscio della sua fragilità culturale e materiale, si cerca il suo padrone che gli consenta di sopravvivere, se non di prosperare. Comprese che in una società gerarchica, il carisma va espresso nei modi e nelle pose, e che i contenuti sono pericolosi e noiosi, specialmente quando si parla di cultura.

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