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Lo scultore Antony Gormley ha idee suggestive sul corpo umano e su come esso si rapporti con lo spazio in generale. L’artista inglese fa continui calchi del proprio corpo, ne ricava dei ‘vuoti’, così che – egli dice – riesce a “scolpire dall’interno, da una posizione radicale di alterità, per considerare non il corpo che fa qualcosa ma che è qualcosa”. E così ottenere non più la rappresentazione del corpo umano, ma la sua ‘riflessività’. Niente di nuovo – qualcuno potrà obbiettare – anche perché la rappresentazione (esteriore e interiore) del corpo ha da sempre trovato nelle arti le più diverse modalità espressive, rendendo dell’entità corporea le concezioni ideologiche, la sua portata dualistica (parliamo del pensiero occidentale) materiale e spirituale.
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