A cavallo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, diritto pubblico e diritto privato si alleano, ciascuno per fini propri, dando vita al diritto d’autore. Si assiste ad un vero e proprio rovesciamento di prospettiva che, dal “privilegium editoris” porta al “privilegium auctoris”.
Gabriele d’Annunzio, nel connubio tra arte e vita che da sempre lo contraddistingue e che gli riconosciamo, con la sua vasta ed eclettica produzione letteraria, fin dagli esordi ed arrivando al 1938, anno della sua scomparsa, dà il suo contributo originale alla visione “dualistica” in materia, tipica della tradizione italiana, tra “diritto morale”, ovvero di paternità sull’opera dell’ingegno e “diritto patrimoniale”, inteso come sapiente capacità di sfruttamento economico della stessa.
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A cavallo tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, diritto pubblico e diritto privato si alleano, ciascuno per fini propri, dando vita al diritto d’autore. Si assiste ad un vero e proprio rovesciamento di prospettiva che, dal “privilegium editoris” porta al “privilegium auctoris”.
Gabriele d’Annunzio, nel connubio tra arte e vita che da sempre lo contraddistingue e che gli riconosciamo, con la sua vasta ed eclettica produzione letteraria, fin dagli esordi ed arrivando al 1938, anno della sua scomparsa, dà il suo contributo originale alla visione “dualistica” in materia, tipica della tradizione italiana, tra “diritto morale”, ovvero di paternità sull’opera dell’ingegno e “diritto patrimoniale”, inteso come sapiente capacità di sfruttamento economico della stessa.
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