Il sito archeologico di Cetamura del Chianti ha restituito moltissimi reperti di grande importanza, accompagnati da tanti punti interrogativi. Chi depose in modo rituale, nel tardo I secolo a.C., il vaso contenente 194 monete d’argento detto il “tesoro” di Cetamura? Chi costituì nella zona un’estesa villa romana rustica? Quali culti particolari erano legati al Santuario oracolare presente nel sito nel periodo etrusco-romano? Perché Cetamura aveva legami con la Gallia Narbonense?
Questo saggio vuole provare a dare una risposta a tali quesiti, accompagnando il lettore in un lungo viaggio volto alla ricostruzione delle vicende dell’insediamento dalle origini al momento dell’abbandono definitivo. Vuole avanzare un’ipotesi sull’identificazione storica di chi depose il “tesoro” di monete, un militare, appartenente alla gens Carisia, cui la “fortuna” arrise a lungo, ma che volle chiedere ancora la benevolenza e la protezione delle divinità in vista della partenza per una difficile missione militare in Spagna.
Dopo oltre duemila anni il ritrovamento del vaso di monete, riletto alla luce delle vicende del suo proprietario, ha permesso di comprendere non solo le peculiarità numismatiche di un prezioso deposito votivo, ma l’intero mondo di chi lo aveva preparato e lasciato in prossimità di un pozzo legato alla divinazione: un conquistatore nella storia di Roma, un uomo come gli altri nella vita di fronte all’incertezza del destino.
18,00 €
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Il sito archeologico di Cetamura del Chianti ha restituito moltissimi reperti di grande importanza, accompagnati da tanti punti interrogativi. Chi depose in modo rituale, nel tardo I secolo a.C., il vaso contenente 194 monete d’argento detto il “tesoro” di Cetamura? Chi costituì nella zona un’estesa villa romana rustica? Quali culti particolari erano legati al Santuario oracolare presente nel sito nel periodo etrusco-romano? Perché Cetamura aveva legami con la Gallia Narbonense?
Questo saggio vuole provare a dare una risposta a tali quesiti, accompagnando il lettore in un lungo viaggio volto alla ricostruzione delle vicende dell’insediamento dalle origini al momento dell’abbandono definitivo. Vuole avanzare un’ipotesi sull’identificazione storica di chi depose il “tesoro” di monete, un militare, appartenente alla gens Carisia, cui la “fortuna” arrise a lungo, ma che volle chiedere ancora la benevolenza e la protezione delle divinità in vista della partenza per una difficile missione militare in Spagna.
Dopo oltre duemila anni il ritrovamento del vaso di monete, riletto alla luce delle vicende del suo proprietario, ha permesso di comprendere non solo le peculiarità numismatiche di un prezioso deposito votivo, ma l’intero mondo di chi lo aveva preparato e lasciato in prossimità di un pozzo legato alla divinazione: un conquistatore nella storia di Roma, un uomo come gli altri nella vita di fronte all’incertezza del destino.
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