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A ragion perduta. Una crasi poetica tra giorno e ombra

Esiste in ogni tempo il bisogno di scrivere poesia. Perché esistono l’uomo e il suo Io. Lo si coglie ovunque. Tuttavia bisogna fortemente distinguere tra la poesia commerciale e la poesia di ricerca, di labor limae. Non sto esprimendo un giudizio di valore, mi chiarisco; semplicemente una constatazione di target.

Quando si scrive poesia, nella considerazione evidente che si debba prescindere dai risultati raggiunti o raggiungibili, ci si allontana dall’idea di “vendere” la poesia. Essa non è riconducibile ad una merce e lo dimostra il fatto che c’è sempre una sorta di diffidenza. Giustificata o meno.

La poesia “buona” – diciamo così – non è né immediatamente accessibile né priva di contraddizioni (potrei dire addirittura pacifica). La poesia problematizza le relazioni dell’Io (non sempre quello poetico) con il mondo e lo fa attraverso la lingua e la sua complessità. Difficile interpretare l’obliquità di senso che rende la poesia tale. Credo che non dovremmo nemmeno farlo. La poesia si legge, se ne fa esercizio; qui mi trovate ancorata.

Ergo, questo preambolo per introdurre la raccolta poetica del giovane e promettente poeta Sabatino Guzzo “A ragion perduta” (Attraverso) che, già dal suo titolo, trasferisce la cifra dell’indagine poetica condotta al suo interno. Nessuna ragione veduta, nessuna giustificazione, solo una ricerca intima e intimista che vede l’Io muoversi fra le trame del tempo. Il passato con le sue memorie, il presente con le sue ombre ed il futuro con un buio che non tradisce l’aspettativa di luce.

È una poesia libera, quella di Guzzo e lo è nei versi sciolti, sinuosi, audaci, ma non per questo privi di tradizione letteraria (da Giuseppe Ungaretti a Vittorio Sereni, passando per le riflessioni della poesia montaliana). Ma Guzzo non resta ancorato ai maestri, se ne distacca ed intraprende una sua strada di riflessione e di analisi: ciò che produce poesia nasce dall’esperienza personale. E sono gli amori, le amicizie, le distanze, le assenze; momenti della vita che diventano occasioni per fare poesia. Non c’è da svelare nessuna ragione profonda perchè essa è perduta; non c’è da fare alcuna analisi, solo una lettura partecipata degli eventi.

Quando, assorta è arrivata
la metamorfosi del tempo
io, eterno rimango la crasi
tra giorno e ombra (cfr. p.92)

In questi versi colgo la natura profonda della poesia di Guzzo; mi piace l’idea di “crasi tra giorno e ombra”. Noi siamo questi, con le nostre contraddizioni. Ma siamo una crasi.

E colgo il coraggio di un giovane nel consegnare alla poesia, in una stagione di prolifera prosa, la sua quaestio esistenziale che non è, e non dobbiamo intenderla, come tentativo di darsi una spiegazione o addirittura di fornirne una universale. No, non lo è! È un dialogo con la poesia che si materializza in un urlo in lingua straniera (cfr. Congedo p. 96); ancora uno straordinario inciso d’avanguardia sulla dimensione reale della poesia oggi.

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