Ci sono iniziative che nascono dall’abbondanza, altre si sviluppano proprio grazie alla scarsità. Scarsità di stimoli, di punti di incontro e di piattaforme. Queste realtà prendono forma per colmare un’assenza e spesso ci riescono facendo i conti con la limitata disponibilità di risorse. Allora entra in gioco l’arte di cavarsela, l’ingegno di mettere a frutto il poco e farne qualcosa di interessante. Così nasce RatPark Magazine, una rivista indipendente di origine fiorentina che, a partire da una necessità personale, dà vita ad un luogo collettivo dedicato a chiunque ne sentisse la mancanza.
Una realtà con il nome di un esperimento comportamentale di fine anni ‘70 e l’anima di un salotto culturale informale; la cui soglia regge sui pilastri di socialità, connessione, rete e dialogo. Non solo una pubblicazione, ma un ambiente, una vera e propria infrastruttura emotiva e creativa che mette in relazione persone, idee, pratiche e approcci diversi.
Firenze croce e delizia
Indagando il ruolo di Firenze nel determinare l’identità di RatPark, si scopre come questa città abbia giocato un ruolo paradossale. Come racconta Bernardo Maccari – tra i fondatori della rivista, ad oggi editor per la sezione musica e sport ed event manager – RatPark nasce come risposta ad una mancanza percepita di Firenze. Neanche con scopi particolarmente virtuosi, ci tiene a specificare Bernardo, ma una sorta di DIY per costruire qualcosa che incarnasse la visione di un gruppo di venticinquenni fiorentini. Prende vita per allontanarsi da casa, aprirsi, contaminarsi, parlare nuove lingue.
Tuttavia alla rivista e alla sua redazione è rimasto un piacevole accento fiorentino, “Firenze è dove siamo nati e cresciuti […] qua abbiamo il centro delle nostre operazioni, i nostri contatti più significativi e tanto del nostro pubblico”. E allora ecco che gli stimoli, ricercati e trovati altrove, si riportano anche a casa, per colmare quel vuoto avvertito in partenza.
Fare molto con poco: il vero smart
RatPark è un valido esempio a dimostrazione del fatto che l’intelligenza, nel mondo indipendente, coincide spesso con la capacità di ottimizzare anche le bucce. C’è solo una cosa su cui non si risparmia: il tempo e la passione per costruire pezzo pezzo questa realtà. Ma non basta: ciò che permette a RatPark di mantenere alta la qualità pur nella scarsità è la costruzione di una rete solida e affiatata. “Per le realtà piccole e indipendenti la cosa migliore è fare rete: conoscere persone, condividere competenze, supportarsi”.
Un’energia che si autoalimenta attraverso pratiche come le Open Call, che non sono solo una soluzione economica, ma una dichiarazione di intenti. Invitare chiunque a proporre contenuti non significa solo aprire una porta: significa costruire una casa comune. Un salotto il cui pavimento è fatto di pagine, dove una volta entrati si può trovare persone affini che per passione scrivono, illustrano, fotografano ed esprimono se stessi alla ricerca di un ambiente sicuro e positivo “Noi [redazione] vogliamo essere i moderatori di questo spazio”.
Volta la carta
Viste le premesse fatte fino ad ora, RatPark potrebbe sembrare adatto a vivere unicamente nella sfera digitale e sebbene il magazine abbia una versione virtuale da sfogliare, sceglie consapevolmente la carta come principale mezzo di trasmissione. Stampare una rivista cartacea pare oggi un dettaglio superfluo, forse un vezzo nostalgico, eppure per RatPark è una scelta che incarna i valori di aggregazione, un oggetto tangibile in cui ritrovare il senso di ciò che si è costruito insieme.
Ogni numero di RatPark è tematico. Le scelte nascono in modo informale ma partecipato: un brainstorming tra amici, un confronto continuo. Ogni tema vuole aprire un varco, che si presta a interpretazioni molteplici. “Ci chiediamo sempre: cosa può essere stimolante per noi e per gli altri?”, racconta ancora Bernardo Maccari e specifica che la risposta è ogni volta diversa, ma sempre coerente con lo spirito del magazine: suggerire domande più che dare risposte.
Dalla pagina al parco: il festival “Meetcha!”
Nel 2023 RatPark ha fatto un passo ulteriore: portare la propria identità fuori dalla carta, nel mondo reale, attraverso il festival Meetcha!. Un evento nato grazie alla collaborazione con il centro sociale Rosta Nuova, che ha messo a disposizione spazi e fondi per la direzione artistica. Il risultato? Un successo, almeno sul piano umano. “È stato il modo migliore per raggiungere i nostri scopi: far incontrare le persone che collaborano con noi, farle conoscere tra loro e al pubblico. È RatPark alla milionesima potenza”, spiega Bernardo, chiarendo che il festival è destinato a tornare e ha l’ambizione di crescere anno dopo anno.
Prossimi passi
Il futuro di RatPark passa da alcuni obiettivi chiari: potenziare la propria presenza online, partecipare e vincere bandi per garantire sostenibilità della rivista e delle sue iniziative ma soprattutto, continuare a coltivare la propria comunità.
RatPark non è solo un magazine: è un ecosistema, un “salotto” aperto dove l’indipendenza è un valore condiviso, e la cultura è una forma di relazione.
Quando gli si chiede di riassumere RatPark in una frase, Bernardo risponde: “Sexy, tagliente, indipendente”. E in fondo è tutto lì: nell’arte di essere ironici e affilati, slegati da vincoli formali ma guidati dalla voglia di farsi domande insieme.
Un titolo per comprendere meglio RatPark? Non si può fare altro che approfondire la serie di studi iniziata con il volume “The effect of housing and gender on preference for morphine-sucrose solutions in rats”, d’altra parte è il testo che ha prestato il nome a questa giovane rivista.
