Quando camminiamo per le strade di una città, spesso non ci soffermiamo a riflettere sul lavoro che sta dietro la creazione degli spazi che viviamo ogni giorno. Alla base di un evento o un’iniziativa ci sono mesi di progettazione, idee condivise e un forte desiderio di cambiamento. Ecco, in quest’ottica Firenze sta vivendo una trasformazione silenziosa, ma potente.
Un gruppo di giovani creativi sta pensando e progettando il futuro della città. Tra di loro c’è Flavia Ceccherini, una giovane organizzatrice di eventi sociali, laureata nel 2022 alla triennale in ISIA, università di design di Firenze. Oggi si impegna in progetti innovativi per collettivi come Megacom e Global Shapers Florence. Questi progetti spaziano dal design alla sostenibilità, mirano a coinvolgere e sensibilizzare su temi cruciali come la socializzazione, la sostenibilità ambientale, la riqualificazione urbana e la difficoltà di vivere il verde.
Come il design può diventare uno strumento per un cambiamento positivo nella comunità? Abbiamo chiesto a Flavia Ceccherini di raccontarci il suo percorso e le sue esperienze.
Come sei arrivata ad occuparti di Megacom? Come pensi che abbiano influito le conoscenze acquisite in ISIA?
Durante il percorso all’ISIA ho scoperto il mio interesse per il design dei servizi, una disciplina capace di coniugare creatività e impatto sociale. Sviluppai la tesi insieme a una compagna di corso, Marta Civai. Agli inizi, entrambe iniziammo a pensare alla tesi separatamente, per poi riconoscere un interesse comune: desideravamo progettare per il nostro paese, Sesto Fiorentino.
Non volevamo progettare per un luogo fittizio, eravamo affascinate dall’idea di progettare per la nostra comunità. Dunque, come si suol dire, l’unione fa la forza… io e Marta, seguite dal professore Marco Tognetti, nostro relatore, abbiamo scritto e progettato insieme la tesi su Sesto Fiorentino.
La tesi, intitolata Proposte di scenari progettuali collettivi per Sesto Fiorentino, si incentra sulla creazione di spazi collettivi per favorire l’innovazione sociale, soprattutto in relazione alla connessione tra l’individuo e la natura.
Volevamo esplorare come la connessione tra gli elementi vegetali e le persone potesse promuovere l’inclusione sociale e il senso di comunità. Ci siamo rese conto che, sebbene ci fosse una buona base di partecipazione, la consapevolezza e l’attiva adesione alle opportunità locali erano scarse. Abbiamo anche identificato alcuni spazi inutilizzati, come Villa Solaria e Palazzo Pretorio, che secondo noi potrebbero essere riqualificati per servire come punti di aggregazione. La nostra proposta di tesi è una base teorica utile a trasformare luoghi fermi in spazi creativi e condivisi.
Dopo la laurea ho intrapreso esperienze che hanno segnato il mio percorso e la mia posizione attuale a Megacom: nel 2022 sono andata negli Stati Uniti per lavorare come ragazza alla pari, un’occasione per osservare da vicino dinamiche socio-urbanistiche da poter poi applicare nel mio lavoro. Al ritorno dagli USA, nel 2023, ho frequentato un master a Firenze, Futuro Vegetale, un percorso che unisce sociologia e studio delle piante, coordinato da Stefano Mancuso. In sei mesi ho approfondito molti aspetti trattati nella tesi e messo in pratica le conoscenze acquisite. Nel frattempo, sono entrata in un gruppo che impegnato nell’organizzazione di un evento culturale e musicale a Sesto, Megafest. E proprio questo evento ha portato alla nascita dell’associazione di promozione sociale Megacom, alla quale mi sono unita con entusiasmo fin da subito, perché credo sia questa la mia vocazione: facilitare la partecipazione e l’attivazione delle comunità locali.
Raccontaci di più su questa associazione, quali sono gli obiettivi di Megacom?
Megacom è un’associazione giovanile under 28 nata a Sesto Fiorentino nel 2023 dopo il successo del primo Megafest. È un progetto di attivazione comunitaria che utilizza eventi culturali, laboratori e momenti di aggregazione per creare connessioni tra le persone e valorizzare il territorio. Per me, Megacom è la possibilità concreta di mettere in pratica ciò che ho imparato. Il nostro sogno è creare uno spazio fisico e simbolico che funga da incubatore di idee, incontri e creatività.
Vogliamo usare la cultura come strumento di coesione e cambiamento, promuovendo una crescita empatica, fluida e aperta alla contaminazione tra comunità diverse. Ci siamo accorti che a Sesto mancano luoghi e occasioni di incontro stabili, portando molti giovani a spostarsi verso Firenze o Prato.
Ma proprio durante la pandemia, costretti a restare sul territorio, abbiamo riscoperto il potenziale di Sesto e sentito il bisogno di prendercene cura. Vogliamo essere un ponte tra la comunità e lo spazio pubblico, creando nuove occasioni per la nostra generazione di esprimersi, contribuire e sentirsi parte attiva del proprio contesto.
Quali sono i valori alla base di questa associazione?
Megacom è fatto di spiriti diversi, con background eterogenei, ma uniti dalla voglia di fare e dalla convinzione che le cose più belle nascono dove meno te lo aspetti. A Sesto non c’è mai niente da fare? Probabile! Così abbiamo deciso che qualcosa da fare lo avremmo creato noi, ponendoci come “attivatori di comunità”: ci impegniamo a promuovere il coinvolgimento, la collaborazione e lo sviluppo della comunità sestese, contribuendo a creare ambienti più solidali, resilienti e inclusivi. Megacom è un grande reticolo di persone, una comunità, una compartecipazione, talvolta una complessità.
Oltre a Megacom un’altra associazione che ti vede coinvolta attivamente è Global Shapers Florence. Com’è nata e quali sono i suoi principali obiettivi?
Sono entrata a far parte di Global Shapers subito dopo che sono tornata dall’America, cercavo qualche realtà in cui poter coltivare questi aspetti, insomma per poter prendere anche a livello professionale questa direzione.
Global Shapers è un’iniziativa del World Economic Forum che coinvolge giovani tra i 18 e i 27 anni impegnati a migliorare le proprie comunità con progetti su sostenibilità, inclusione e innovazione sociale. Presente in oltre 150 paesi, ogni hub opera in autonomia. A Firenze, l’hub è nato per promuovere la sostenibilità attraverso attività creative e di riuso. Ha già avviato laboratori con realtà locali su temi come upcycling, educazione ambientale e riuso creativo.
Tra le iniziative: laboratori con stoffe di scarto, fanzine da vecchie riviste, attività per bambini, piante da talea e pacchetti natalizi riciclati. L’obiettivo è rendere la sostenibilità accessibile e coinvolgente, puntando a coinvolgere più giovani e sviluppare progetti legati anche al turismo sostenibile. Al momento ci sono diversi progetti attivi, ma secondo me la partecipazione è ancora troppo limitata. Ed è un peccato, perché Global Shapers rappresenta un’opportunità preziosa per chi vuole muovere i primi passi nel mondo della progettazione sociale. Invito chiunque sia interessato al social design, in particolare studenti stanchi di vedere i propri progetti confinati alle aule universitarie o giovani desiderosi di lavorare su iniziative che abbiano un impatto concreto a unirsi a questa realtà dinamica e stimolante.
In che modo il design può contribuire a creare città più sostenibili e inclusive?
Il design permette di rispondere ai bisogni della società in modo sistemico e creativo, con soluzioni sostenibili che bilanciano aspetti ambientali, sociali ed economici. Favorisce la progettazione di spazi inclusivi e accessibili, migliorando la qualità della vita urbana e promuovendo l’equità. È uno strumento che connette persone, servizi e ambiente, integrando la sostenibilità nel vivere quotidiano.
Le principali sfide da superare sono la scarsità di risorse economiche, la complessità del coinvolgimento partecipativo e la burocrazia, che spesso ostacola l’attuazione di progetti con potenziale impatto concreto.
Quali consigli daresti a un giovane designer che vuole intraprendere un percorso simile al tuo?
Caro giovane designer segui la curiosità, non sentirti obbligato da percorsi tradizionali. Leggere, informarsi, interrogarsi continuamente e non smettere mai di costruire una propria visione del mondo. È importante liberarsi dalle logiche della società della performance, che ci vuole sempre in competizione e all’altezza di standard rigidi, e valorizzare invece la cooperazione.
Viaggia con consapevolezza, fai esperienze dirette, confrontati con visioni diverse e ispirati alla natura e alle sue dinamiche di cooperazione. Costruisci la tua visione, goditi il percorso e libera il tuo cammino dalle logiche competitive, valorizzando la crescita collettiva.
C’è un libro, un saggio o magari anche un catalogo di mostra che consideri fondamentale per approcciare il tema della progettazione sociale e urbana?
Direi “Fare assieme” di Ezio Manzini e Michele D’Alena, che parla di una nuova generazione di servizi pubblici collaborativi, è un libro molto attuale.
Esistono, secondo te, spazi divulgativi, rubriche, giornalisti, realtà sociali che oggi fanno un buon lavoro nel raccontare l’innovazione urbana e la progettazione sociale, magari anche qui a Firenze?
Mi vengono in mente le riviste Lungarno, Ratpark e Breccia, ognuna con un taglio diverso, ma tutte molto vive. Anche il canale Tif di Controradio fa un ottimo lavoro. Sul piano degli spazi fisici, direi le case del popolo, che si stanno riattivando molto negli ultimi anni. In particolare, l’Ex Fila e il circolo di Belle Parole alle Vie Nuove, che ospitano talk e iniziative con uno sguardo attento all’innovazione del territorio.
Se dovessi racchiudere il tuo sogno per la città in una parola (o una frase), quale sarebbe?
Spazi di cura.