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Il lupo sotto la pelle. Lake Heaven: l’oscurità che diventa completa e le cose che non vogliamo dire

La lettura de “Il lupo sotto la pelle. Lake Heaven” (De Tomi Editore) di Graziano Lonardi è stata “buia”. Come attraversare la selva oscura dantesca e sentirsi braccata dalle fiere, in un costante oscillare di sensazioni ambigue e ancestrali.

Amore, sesso e bestialità: pensate non possano convivere in un uomo o in una donna? O nel genere umano? Che siano solo “cose da bestie”? Beh, non è così. E d’altra parte basta ripercorrere la tragedia greca, nel mito di Medea, raccontata da Euripide, per comprendere quanto la natura umana conviva promiscuamente con alcuni sentimenti, urgenze macabre, inspiegabili, talvolta eccessive.

L’omonima protagonista si vendica del tradimento di Giasone, suo sposo, avvelenando la nuova promessa sposa e uccidendo i suoi stessi figli. Ergo, l’obiettivo del genere letterario è stato pienamente soddisfatto da Lonardi, con un di più, mi permetto di aggiungere. Qualche nota poetica che diventa noir, maledetta e per questo scatena la cosiddetta “catarsi del lettore” (dal greco κάϑαρσις «purificazione») lasciando, comunque, una zona d’ombra. Verosimile nella mente umana.

Il romanzo dell’horror è un genere letterario catartico, lo sappiamo, perché il confronto, a volte forte, inevitabile e drammatico con le proprie paure (direi anche fantasmi, scheletri) determina la conseguente fase liberatoria, di cui il pianto è l’elemento materiale e visivo immediato, ma non il solo.

Tuttavia, ribadisco, la catarsi non si compie pienamente, ed è per questo fortemente coinvolgente e realistico. La paura del buio e dell’ignoto è la costante narrativa di Lonardi che, in un crescendo di suspense horror, “incastra” il lettore in Lake Heaven, un luogo di natura suggestiva ed effimera, senza che questo abbia possibilità di lasciare la lettura, incolume dal richiamo continuo ed ammaliante.

L’ingresso in Cold Creek Asylum Kalispell (MT – USA), con un racconto in media res, stabilisce un assunto narratologico: impossibile tradurre l’orrore in qualcosa di comprensibile. Raccontarlo si, in un accordo tacito con il lettore ma spiegarne le ragioni, e della paura e dello sgomento, no. Non sembra possibile, e forse non sarebbe neppure necessario alla storia, se non fosse per la struggente curiosità suscitata dagli eventi.

Ma questo è un problema dei lettori, non dello Sceriffo Briggs, David Briggs. È lui, il primo che compare sulla scena del romanzo. E poi c’è un lago, tinto di tragedia, che continua ad oscillare placido e beffardo, restituendo lentamente … (cfr. pg. 77) qualcosa che una macchina fotografica coglie ma che agli occhi di Angela Marie Thompson sono un orrore inenarrabile.

Raccontare gli eventi, anche per sommi capi, non è intenzione di questa recensione, ma fornire gli elementi per leggere e tentare di comprendere la vera natura del Lupo della Baia, sì, lo è. E, bada bene, lettore o lettrice, anche il lupo è figura letteraria di grande rilievo; non è, esso, solo animale di paura e di agguato, di buio e di ombra. Mitologia e psicologia, insieme.

Il lupo è simbolo della trasformazione dell’uomo ribelle, della sua iniziazione. Ma anche della sua libertà, desiderio devastante, che scaturisce da un conflitto interiore. Buono e cattivo, bene e male. Solitudine e convenzione sociale. Istinto e ratio. Amore e maledizione.

E se c’è un aspetto che “Il lupo sotto la pelle” di Lonardi eredita dalla mitologia greca, è proprio questo, la trasformazione dell’amore in maledizione. Senza che vi sia una spiegazione razionale, ovviamente. Nell’oscurità, che in ogni pagina del romanzo diventa sempre più completa, il lettore incontra Nora, Ethan, Annette, il vecchio del Lakeside Motel, il ragazzo della reception e altri.

Li incontra, percorre con loro la selva oscura e poi non li dimentica più. Grande impatto emotivo della scrittura di Lonardi: evocativa del senso di terrore e sgomento, attraverso parole ed espressioni che “fanno paura”, onomatopee ed anche suoni. Il suono della notte, ad esempio oppure, poeticamente, il suono del silenzio. Dell’avvicinarsi o dell’avventarsi, dell’esserci, quasi come ombra, come sensazione inquieta, come respiro, affanno, ansimo, a volte sessuale, carnale, bestiale. Climax di qualcosa che opprime e non lascia scampo. Non consente parola. Non permette la voce.

Leggere il “Lupo sotto la pelle” è attraversare l’incubo antico delle parole che non hanno voce e del buio che ci avvolge, nella vita. Ognuno, almeno una volta.

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