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L’anno che diventammo grandi: storia di una generazione di mezzo

Gli anni Settanta sono anni “caldi”, anni che ci portiamo addosso, di storia, di politica, di moda, di musica, di vita in generale. Non sono anni trascorsi. Ma non sono neppure anni in cui si sparava e basta, per citare Carlo Lucarelli in “PPP Pasolini, un segreto italiano” (Rizzoli), perché si sa, i Settanta ci hanno fatto diventare grandi, hanno voltato pagina, ma sono rimasti sempre il nostro grande libro aperto. E se dovessi raccontarli agli studenti e alle studentesse, o meglio raccontare l’anno, dei Settanta, che cambiò tutto, partirei dal romanzo di Roberto Pagliai “L’anno che diventammo grandi” (Alieno Editrice).

In esso ci sono tutti gli elementi per attraversare la storia rimanendo nella quotidianità, che è poi la protagonista degli anni Settanta. Entrati prepotentemente in questa quotidianità, ne hanno segnato tutti gli aspetti dai più ordinari a quelli eccezionali. E poi c’è un anno, il 1978, che è l’anno che diventammo grandi; un anno difficile, denso di storia, fra la morte e la vita, fra il rumore e il silenzio. É l’anno dei tre papi, dei mondiali di Argentina, del presidente Pertini e, soprattutto, della Strage di Via Fani, del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro. Ed anche di Peppino Impastato. Dei diritti civili e della forte impennata consumista. Ma è anche l’anno in cui Roberto si trasferisce da Roma in un paese della Val di Chiana, Poggiolo di Mirteto.

Il lettore scoprirà le caratteristiche reali e non dell’ambientazione. Il trasferimento in altro paese non è un dettaglio. É uno strumento narrativo ed evocativo importante: Pagliai attraversa la sua storia per raccontare la storia italiana e non solo. Ed è un messaggio importante, dal punto vista formativo, vuol dire avere percezione del proprio tempo e sentirsi, in qualche modo, protagonista. “Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le difficoltà” (cfr. p. 185). Moltissime voci e volti che hanno segnato un’epoca, l’ho appena detto, e questo consente, dal punto di vista strumentale, di leggere il racconto e di analizzare il contesto: buon esercizio di mediazione fra ciò che si ascolta e la riflessione che ne consegue.

Il romanzo di Pagliai può essere un ottimo strumento di lavoro scolastico ma anche seminariale. Ve lo dimostro. Dal paragrafo VI – Giugno 1978 – ad esempio si sviluppa una riflessione interessante sullo Sport. Dai mondiali in Argentina e dal 2 a 1 che il 21 giugno l’Italia prese dall’Olanda ad una grande storia di amicizia e di sport, quella di Jesse Owen e di Lutz Long (cfr. pag. 83). Ed ancora, in Cap. X – Ottobre 1978 – dal famoso “se sbaglio mi corrigerete” di Karol Wojtyla – il Papa venuto da lontano dopo i due papi, Paolo VI e Giovanni Paolo I, al cantante scapestrato di Zocca, il dee jay della provincia di Modena. Oggi Vasco Rossi, o alla Gianna di Rino Gaetano con il suo testo cripatato e il suo mood da cantastorie che le canta!

“L’anno che diventammo grandi” è un romanzo da leggere. Leggetelo, se il 1978 non è il vostro anno, lo sarà senz’altro di qualcuno che conoscete.

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