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L’Olivo bianco. Un romanzo sulla difesa della terra e sulla diversità

“L’Olivo bianco” (Aboca) di Carmine Abate è il romanzo delle radici, del senso di appartenenza ad una terra, ad una storia. Ma lo spessore antropologico e sociale di questo romanzo non risiede nel concetto di radici fine a se stesso bensì nella sua proiezione futura.

Avere radici vuol poter dire restare per costruire, per migliorare, non solo per conservare. Ecco la grande forza dell’Olivo Bianco, che è altresì pianta con una profonda simbologia spirituale: chiamato anche Leucolea significa speranza e rinascita. In Calabria, terra in cui si ambienta la storia, veniva usato per la preparazione del “crisma”, olio sacro, in funzioni religiose o per alimentare le lampade nei luoghi di culto.

Doveroso ricordare che Carmine Abate è l’unico scrittore ad aver pubblicato ben due romanzi per Aboca nella collana Il bosco degli scrittori, pensata per mettere in luce quanto le piante esercitino una profondissima fascinazione sull’attività creativa degli scrittori: “L’albero della fortuna”, dedicata alla pianta di fico, nel 2019 e “L’Olivo bianco”, appunto, nel 2024.

La simbologia dell’Olivo bianco si figura, con straordinaria abilità narrativa, nella storia dell’Olivo di Luca, un fondo timposo, considerato impervio alla coltura e alla luce, che, nel corso della storia familiare di Antonu’ (Antonio) diviene invece luogo rigoglioso e finalmente libero dal “rovettaro”.

Nella raffinata simbologia del romanzo, oltre all’olivo bianco, compare il “rovettaro” ossia l’intreccio di cespugli di rovi che impediscono e la nascita e la crescita. Ed è proprio qui, nella coesistenza in natura fra una pianta di luce ed un rovo di spine che si incardina la matrice narrativa del racconto: da una parte la natura, luogo da tutelare, curare e migliorare, dall’altra l’anima e lo spirito umano che, come per il fondo timposo, hanno necessità ed urgenza di liberarsi dal rovettaro per far spazio alla serenità, alla chiarezza ed alla verità dell’essere. Dell’hic et nunc della propria esistenza.

Ergo, romanzo di radici e di restanza e romanzo di formazione e di dialogo generazionale. Quando parlo di formazione e di dialogo generazionale faccio esplicito riferimento alle due linee narrative presenti, che vedono coinvolte l’adolescenza e la maturità di Antonu’: da una parte la ricerca della verità su Luca, il parente “paccio” che aveva lasciato a nonna Sofia (memoria storica della famiglia e di Luca) l’eredità del fondo timposo con l’olivo bianco e che era partito “pa Merica” e dall’altra la ricerca di sé stessi, del proprio obiettivo di vita, di crescita, di futuro. Dopo la maturità, Antonio, in quell’afosa estate calabrese, intraprende una “fatica a regola d’arte” per ripulire l’Olivo di Luca a fianco del padre Gabriele. Antonio diventa un uomo e comprende che la fatica non è solo questione di muscoli delle braccia ma di cuore e di testa (cfr. pag. 147)

Una riflessione sull’importanza del “lavorare”, che vuol dire, in senso stretto, occuparsi di qualcosa con fatica e cura, avere a cuore un progetto, impegnarsi. Un messaggio per tutti i giovani e non solo, a prescindere dalla scelta, se andare o restare, ma fare comunque la propria parte, essere protagonisti del proprio tempo e conservare la propria storia di unicità ed anche di diversità. Ecco ancora un’altra dimostrazione della grande forza dell’Olivo Bianco di Luca.

E poi, come tutti i romanzi di Carmine Abate, in cui l’architettura narrativa si intreccia magistralmente con temi di impatto sociale ed antropologico (dalle migrazioni al dialogo fra le culture alla difesa e alla cura della terra), anche l’Olivo bianco si configura come strumento di dibattito e di riflessione su ben altri temi di carattere ambientale, ad esempio la dolorosa questione degli incendi dolosi che colpisce il Sud, soprattutto nella stagione estiva e che compromette da una parte la salute dei terreni e dall’altra la bellezza del paesaggio. Non ultima la questione dei “micidianti”, altro tema su cui, da più punti vista, è possibile riflettere.

La lettura dell’Olivo Bianco è un percorso di arricchimento umano e valoriale, che non lascia il lettore insensibile ad alcun tema o alcuno personaggio. E non è solo una storia di Calabria o di Sud, ma universale; perché è nella condizione umana dubitare, avere sogni, restare o partire, anche tornare. È nella condizione umana avere “rovettari” e “olivi bianchi” sul cuore, tentare di liberarsi degli uni e provare a coltivare gli altri.

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