La promessa di Ekaterina. Una fuga per rinascere nel romanzo di Marialuisa Bianchi

Ambra Francini

15/04/2022

La penna di Marialuisa Bianchi torna a scrivere delle vicende complesse e drammatiche di Ekaterina, una giovane donna russa che tra soprusi, dure sfide e malinconia sperimenta la condizione di schiava nella Firenze quattrocentesca. Dopo il primo volume pubblicato nel 2017 (“Ekaterina. Una schiava russa nella Firenze dei Medici”, End Edizioni), infatti, ritroviamo la protagonista e ne seguiamo il viaggio, o meglio la fuga, nel sequel intitolato “La promessa di Ekaterina. Dai sotterranei di Siena alle nozze di Lorenzo il Magnifico” (End Edizioni, 2021).

La storia del secondo libro prende avvio dall’Ospedale della Scala di Siena, presso cui Ekaterina ha trovato rifugio dopo essersi sottratta alle grinfie di un padrone violento, Giovanni Della Casa, e dopo aver perso Francesco, l’uomo che amava, morto nel tentativo di farla scappare. Alla Scala Ekaterina si occupa dei bambini abbandonati, i cosiddetti “gittatelli”, e attende di prendere i voti per farsi monaca. I suoi piani, però, vengono stravolti da un’allucinazione uditiva che la porta a sentire la voce di sua nonna, ormai defunta da diverso tempo; “babushka” – così si riferisce a lei Ekaterina – le dice che è “tempo di migrare” e che il suo viaggio non può concludersi nell’ospedale senese. Dapprima incerta e spaventata, la giovane si convince, poco a poco, di dover seguire il suggerimento ricevuto e soprattutto di essere pronta a cercare Kóljenka, il figlio che, diversi anni prima, era stata costretta ad abbandonare agli Innocenti di Firenze sperando che la moglie di Giovanni, se ne facesse carico. Con l’aiuto di Chiara, un’altra novizia della Scala, inizia dunque la complicata fuga di Ekaterina che la spinge a rapportarsi con diversi personaggi, da Gabrina degli Albeti al pittore Hans Memling, e ad attraversare diversi luoghi, dai misteriosi sotterranei di Siena fino ai dintorni di Arezzo, passando per il centro di Firenze durante le sfarzose nozze di Lorenzo de’ Medici.

La Storia, quella con la S maiuscola cui l’autrice può attingere con gran cognizione grazie ai suoi studi, si respira a pieni polmoni nel romanzo poiché ne modella ogni elemento – dall’ambientazione a certi personaggi – restituendo al lettore uno squarcio ben definito della Toscana quattrocentesca e di alcuni dei suoi protagonisti. Particolare rilievo è attribuito all’arte: affreschi, statue ed edifici dettagliatamente descritti costellano il percorso di Ekaterina per raccontarci qualcosa in più su di lei, sulle usanze di quegli anni e le atmosfere di quei luoghi. Va specificato che lo sguardo prediletto da Marialuisa Bianchi è quello del volgo, dei “dimenticati”, ricordando in questo la lezione di un’autrice come Elsa Morante che ha dato voce a chi, dalla “Storia”, è stato spesso lasciato indietro, scavalcato dalle narrazioni dei potenti. Allo stesso tempo, l’estro creativo della Bianchi si inserisce nel volume affiancandosi sapientemente alle componenti storiografiche con l’intento di impreziosirle e valorizzarle. Il tratto che separa realtà e finzione è così labile da permettere alla prima di confluire nella seconda senza stravolgerla e viceversa, dando origine, così, a una miscela che risulta per chi legge perfettamente naturale e priva di stonature.

Fin dalle prime pagine Ekaterina si mostra come il frutto di tutto il male che l’ha segnata, di una storia e di un dolore taciuti agli altri che ogni giorno le gravano sulle spalle. Esausta e inizialmente incapace di aspirare a una vera libertà, la giovane immagina il suo futuro all’interno dell’Ospedale della Scala di Siena, pur dando, di tanto in tanto, dei piccoli segnali d’insoddisfazione; le digressioni introspettive cui l’autrice lascia largo spazio e certi dialoghi da cui traspaiono numerosi “non-detti” suggeriscono, infatti, il conflitto interiore della protagonista: da una parte il bisogno di sentirsi protetta, dall’altra il desiderio - sempre più evidente dopo il contatto con “babushka” - di allontanarsi da quella “gabbia dorata” che, in fondo, l’ha portata solamente a tollerare una forma diversa di schiavitù. La Scala per Ekaterina diventa allora, pagina dopo pagina, un microcosmo limitante e insopportabile, un punto d’arrivo che deve tramutarsi in un nuovo punto di partenza. Prima di tornare nel mondo esterno è necessario, però, calarsi nelle viscere della città di Siena e percorrerne i tratti più bui e sconosciuti in superficie: è in questa oscurità che Ekaterina, insieme a Chiara, permette a Gabrina degli Albeti – figura storicamente esistita (fu processata  come fattucchiera a Reggio Emilia nel 1375) e di grande rilievo in tutto il romanzo – di “illuminarle” la via. Levatrice, erbaiola, dispensatrice di consigli d'amore, Gabrina si pone nei confronti delle due ragazze come una sorta di Virgilio dantesco che sa bene quando è il momento di confortare e quando, invece, è l’ora di ammonire. L’anziana guaritrice offre alla protagonista anche la possibilità di diventare sua erede, poiché coglie in lei una scintilla di “magia” che nel libro si manifesta specialmente quando fanno capolino tra le pagine le antiche storie di “babushka” e della Terra di Rus’.

Ekaterina, però, ha in mente di ritrovare suo figlio e sceglie dunque di proseguire il viaggio affiancata da un nuovo compagno: Hans, il pittore tedesco di cui si innamora. Un amore dolce e passionale, quello della giovane fuggitiva, che tuttavia appare inevitabilmente marchiato anche dal timore: se da un lato, infatti, riesce ad abbandonarsi ai piaceri del corpo, dall’altro le risulta difficile donarsi in tutto e per tutto al suo uomo; il passato le ha insegnato a non fidarsi, a non raccontare tutto di sé, a custodire gelosamente qualche frammento di vita, e il presente della fuga – segnato a un certo punto anche dall’ennesimo trauma di uno stupro – non fa che confermare le sue paure. Forse nel cuore tormentato di Ekaterina non c’è ancora spazio per riconoscere e accogliere con serenità quell’amore “fino”, profondo e spirituale che tanto desidera. Forse per lei è necessario ritrovare se stessa prima ancora di potersi abbandonare a un sentimento così grande e totalizzante. La riconquista del proprio status viaggia in parallelo con la voglia di rimediare alla lunga assenza nei confronti del figlio e, in effetti, è proprio quest’ultimo desiderio che la porta ad affrontare qualsiasi ostacolo, oscillando tra istinto e oculatezza. Riuscirà Ekaterina a riaffermarsi gradualmente come donna e come madre? Sarà possibile per lei il tanto agognato riavvicinamento con Kóljenka o a prevalere saranno le conseguenze delle sue scelte forzate? Non si può che sfogliare le pagine dell'intenso romanzo di Marialuisa Bianchi per trovare certe risposte e, perché no, per farsi nuove domande, quelle che solo i bei libri sanno lasciare in dono a chi li legge.
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