Siro Cocchi (1925-2006) fu un partigiano e un funzionario del Pci. Il periodo della sua deportazione per lavoro “coatto” in Germania, tra il novembre 1944 e il settembre dell’anno successivo, è testimoniato da un breve diario che scrisse nel 1946 e custodì sempre gelosamente. Pagine brevi, ma toccanti ed intime, come solo quelle dei testimoni sanno essere. A pubblicarlo è ora il figlio Paolo, a conclusione di un viaggio di riscoperta della memoria del Novecento in cui conduce i propri figli Valerio e Carlotta, di 15 e 23 anni. La guerra, la lotta partigiana, la Shoa, la militanza nel partito comunista, il rapimento Moro e le grandi speranze del secolo scorso costituiscono gli spunti per una lunga e approfondita riflessione sul valore della memoria per le generazioni più giovani, sul senso del passato e sul dovere di tornare su di esso incessantemente, per interpretare meglio il presente e preparare il futuro. Un confronto tra generazioni diverse che è anche un bilancio sulla politica e una ricerca sulle sue precondizioni.
Afferma Paolo: «Coltivare la memoria, custodire vite e storie, è uno dei modi per sfuggire all’insensatezza del presente e per tentare di riafferrare il flusso caotico degli eventi ricollegandolo alla nostra vita interiore.»
10,00 €
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Siro Cocchi (1925-2006) fu un partigiano e un funzionario del Pci. Il periodo della sua deportazione per lavoro “coatto” in Germania, tra il novembre 1944 e il settembre dell’anno successivo, è testimoniato da un breve diario che scrisse nel 1946 e custodì sempre gelosamente. Pagine brevi, ma toccanti ed intime, come solo quelle dei testimoni sanno essere. A pubblicarlo è ora il figlio Paolo, a conclusione di un viaggio di riscoperta della memoria del Novecento in cui conduce i propri figli Valerio e Carlotta, di 15 e 23 anni. La guerra, la lotta partigiana, la Shoa, la militanza nel partito comunista, il rapimento Moro e le grandi speranze del secolo scorso costituiscono gli spunti per una lunga e approfondita riflessione sul valore della memoria per le generazioni più giovani, sul senso del passato e sul dovere di tornare su di esso incessantemente, per interpretare meglio il presente e preparare il futuro. Un confronto tra generazioni diverse che è anche un bilancio sulla politica e una ricerca sulle sue precondizioni.
Afferma Paolo: «Coltivare la memoria, custodire vite e storie, è uno dei modi per sfuggire all’insensatezza del presente e per tentare di riafferrare il flusso caotico degli eventi ricollegandolo alla nostra vita interiore.»
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